Dopo due anni in tour, " 'O TRENO CHE VA" dei FOJA torna a casa, per la sua ultima tappa, il 29 dicembre presso la Casa della Musica di via Barbagallo a Fuorigrotta.

Terminata la grande avventura internazionale – si legge nel comunicato stampa -  dopo gli incredibili successi di pubblico negli USA, a Parigi, Regno Unito, Irlanda, Belgio e Olanda, la tournée della band volge a termine e per questa occasione si sta preparando un grande show di arrivederci prima di chiudersi nuovamente in studio e preparare il prossimo album. Saranno tantissimi gli amici-musicisti che condivideranno il palco con Dario Sansone (voce e chitarra), Giovanni Schiattarella (batteria), Giuliano Falcone (basso elettrico), Ennio Frongillo (chitarra elettrica), Luigi Scialdone (produttore artistico, chitarre, mandolino elettrico):  Ghigo Renzulli (Litfiba), Pauline Croze, Francesco Di Bella, Maldestro, Roberto Colella (La Maschera), Tommaso Primo e Jovine duetteranno con Dario Sansone mentre Alfonso 'Fofò' Bruno, Gennaro Porcelli, Marco Caligiuri (the Collettivo, Enzo Gragnaniello), Luca Caligiuri (the Collettivo), Phonix e Gianluca Capurro imbracceranno i loro strumenti per arricchire il sound del gruppo in un vortice di emozioni e amicizia”.

Come FOJA -  racconta Sansone - questo è stato il primo tour internazionale. Io mi ero già esibito da solo in Messico, in Sudafrica e in duo, con Luigi Scialdone, negli Stati Uniti a New York e a Charleston. Con i FOJA, dopo le tante esperienze live in Italia, siamo partiti da Parigi per arrivare fino a Barcellona per una tuornée che ha abbracciato l’Europa. Malgrado la distanza, quello che ci ha colpito e che ci siamo trovati a casa fori casa. La comunità napoletana all’estero è smisurata. Abbiamo trovato sempre i club pieni di gente che ci ha manifestato affetto, un pubblico, in vero, non solo napoletano, ad Amsterdam, ad esempio, abbiamo conosciuto una signora olandese sessantenne venuta appositamente per noi e che conosceva i nostri pezzi; ciò a testimonianza che Napoli è ancora rappresentativa per l’Italia fuori dall’Italia, e questo è un punto importate per la nostra carriera musicale. L’esserci resi conto, poi, che la nostra napoletanità, con le sue tradizioni multietniche, è in Europa non solo ben accetta ma anche ricercata e voluta (nel corso del tour sono anche nate tante occasioni di collaborazioni con artisti locali), in un momento di tensione sociale e di chiusura dell’Italia verso le altre culture, è stata un’incredibile iniezione di fiducia e di speranza. Abbiamo, infatti, con gioia constatato che è ancora vivo un sano e sincero spirito di accoglienza”.

Marco Sica