di Gianni Mattioli
Nato in Argentina, ma napoletano di adozione, Diego Moreno (nella foto) ha assimilato tutta la melodia partenopea e in genere quella meridionale, quella più emblematica del nostro sud, e che ha portato i suoi successi in tutto il mondo e in tutte le epoche. Inizia nell’età più formativa in Argentina a cantare, per poi intraprendere il viaggio che lo porta in Italia e quindi a Napoli. 
«Ho iniziato 26 anni fa nel mio paese - esordisce Moreno - mentre studiavo architettura. Ma ho fatto appena tre anni di Università e poi la chiamata verso un altro settore, quello della musica, è stata davvero molto forte. Non ero giovanissimo, ma avevo 17 anni e da subito ho iniziato a scrivere canzoni. Dovevo scegliere tra il Messico e l’Italia e, grazie ad una coppia di amici che viveva in Sicilia, è cominciata la mia avventura in Italia. La prima tappa doveva essere Roma, ma mi sono fermato a Napoli e qui sono rimasto».
In sintesi qual è il suo genere, come può definirlo?
«Per la verità è difficile, la mia musica è difficile da collocare in scaffali di genere. Quello che vorrei mettere in risalto è la mia partecipazione e la mia idea; quella di portare avanti la musica e i brani eccezionali di Fred Bongusto. L’album è finito, e nei giorni di Natale è uscito il primo singolo fatto con Peppino di Capri, con la canzone “Doce, Doce”. È appena uscito il video del brano e sinceramente è un percorso che mi sono voluto regalare, essendo Fred un mio amico da anni. Con me ci sono stati nomi eccellenti e vorrei nominarli tutti. Oltre a Peppino, ho avuto Fabio Concato, Enzo Gragnaniello, Maria Nazionale, Tony Esposito, Valentina Stella, e Paolo Fresu, e poi tantissimi altri musicisti eccellenti. È una lista lunga di artisti che mi hanno regalato la loro arte».
Quindi un rapporto con Bongusto davvero inossidabile?
«Con lui ho un rapporto professionale e di amicizia di 15 anni, gli sono stato sempre vicino. Quando ci troviamo con due chitarre in mano, diciamo che lui mi passa l’essenzialità delle canzoni che tutti conosciamo. Quando i brani passano con sole voci e chitarra, e ti danno emozioni, vuol dire che funzionano. Ho avuto solo l’imbarazzo della scelta in questo disco che celebra Fred. Sono tutti grandi successi. Facevano parte del percorso di altri album di Bongusto. Stiamo parlando di titoli come “Doce Doce”, “Balliamo”, “Spaghetti a Detroit”, “Tre settimane da raccontare”, “Frida”, “Malaga”, “Questo nostro grande amore”. Tutti grandi successi di Fred. Quello che voglio che venga fuori è che quando rientro dall’Argentina dove farò proprio lo spettacolo di canzoni, intitolato “Canzoni di B(u)ongusto”, uscirà l’album fisico. E ci tengo a questo termine, perchè con tutto il rispetto per il digitale, si ha bisogno anche della artigianalità del vinile. Infatti è previsto nel progetto anche questo aspetto. Magari con una tiratura limitata, ma che ci sia. Ce la metterò tutta. Questi brani debbono essere ascoltati attentamente. Ho avuto un eccezionale quartetto d’archi, registrato in un magnifico studio a Torre del Greco».
Cosa apprezza di più in Fred a livello musicale?
«Soprattutto la coerenza. Il mio amico Dario Salvatori ha detto che nella sua storia artistica Fred ha sempre tenuto coerenza nella scelta anche se rischiava di uscire fuori moda. Lui proseguiva nel suo percorso. Un po’ come la storia del mio tango argentino. Da noi diciamo “El tango te spera”, cioè il tango ti aspetta. Io sono cresciuto con altri miti con gruppi di vario genere, ma in fondo il tango a noi argentini ci aspetta sempre e alla fine ci rivolgiamo a lui. Lo stesso fa Fred con la sua musica, lui va dritto per quel percorso.Non lo ha mai tradito, sempre con la sua musica intima».
Quanta influenza di Napoli c’è nella sua musica?
«Beh, ormai tanta. Il disco respira una napoletanità nobile, come è nobile il mio sentimento verso la città che mi ha accolto. La vostra cultura mi ha conquistato. C’è una chicca nel disco, il brano di Chico Buarche de Hollanda “Che sarà, che sarà”, Fred l’ha riscritto in lingua napoletana con altro testo e argomento. Infatti dice “Oh che sarà, che sarà, ca nun m’porta niente si tu ne vaje, si nun me vene ’a voglia ’e partì ccu te...”. Quindi una poesia assoluta. E mi fa piace che anche Cico Buarche ha permesso lo stravolgimento del testo in lingua partenopea».
Oltre al disco ci sono altri programmi?
«Sì, ho finito l’anno con un concerto a Sorrento. A metà di questo mese, faccio un piccolo live a “Radio Uno”, e dopo parto per l’Argentina dove festeggerò gli 80 anni di mio padre. Lì farò anche un bel concerto in un teatro di prestigio, intitolato a Cristoforo Colombo. Presenterò in anteprima il disco con Fred. Ci sono altri progetti, ma lo farò quando avrò ultimato questo progetto del disco con Bongusto. Devo menzionare in questo lavoro, i due collaboratori che oltre ai tantissimi, hanno dato un valore aggiunto: Corrado Calignano, al basso e contrabasso, e Gabriele Borrelli alle percussioni e batteria».