NAPOLI. Sicuramente Flavio Fierro (nella foto) è il più rassomigliante al grande Aurelio, tra i figli del grande cantante napoletano, e che ha la stessa immensa passione per la musica classica napoletana. I classici partenopei, sono il sale delle performance del cantante, che predilige esibirsi e spaziare nel mare magno della musica d’autore napoletana, quella immortale e che tanto ha fatto grande, suo papà Aurelio. Laureato in Giurisprudenza, Flavio non calca le aule dei tribunali e non indossa la toga, ma inizia subito a cantare e a comporre. Partecipa a numerose manifestazioni canore come il “Festival della Canzone napoletana e nuove tendenze” nel 1980, e negli anni ’90, è conduttore e interprete per l’emittente Canale 21 con lo show “Mille canzoni di mezzo secolo”. Negli stessi anni prende a cuore il progetto “Io uno dei tre:Titina De Filippo” con la partecipazione dello stesso CD, insieme a nomi come Mariella Nava, Ron, ecc. Nel 2000 decide di scrivere un libro dal titolo: “Io ho respirato il Festival di Napoli”. Quelli sono anni in cui partecipa alla trasmissione di Mario Merola, “Piazzetta Merola” ed è lì che stringe una grande amicizia e collaborazione, tanto che il grande Merola, lo fa interpretare in Tv, nella serata finale del Festival di Napoli su Retequattro, la parte del figlio. Sabato 15 dicembre 2018 sarà in scena accompagnato da un pianoforte e dal maestro Vittorio Cataldi. «Farò un viaggio nella canzone napoletana - precisa Fierro - sottotitolo “Mr. Guaglione”, e sarò in scena al teatro Arca’s, in via Veterinaria, presso l’Orto Botanico, alle ore 21.00. È un viaggio nella canzone napoletana che parte dal 1948, con “Santa Lucia, sul mare luccica”, fino agli anni ’70. Abbraccio tutto il meglio della nostra canzone. Pezzi classici che hanno fatto la storia della canzone partenopea. Da “’O Marenariello”, “’E spingole francese”, “Guapparia”, “Santa Lucia luntana”, “Signorinella”, ecc. Sarò solo con un pianoforte. Ma nei grandi spazi, ho delle band che mi accompagnano».

La scelta di spaziare nel mondo della canzone napoletana, è una scelta naturale?«

«Per me è una missione che mi sono posto da tanti anni. Saranno ormai più di 20 anni che ho deciso di dedicarmi alla canzone classica partenopea. Potrei toccare anche altri generi, ne sono sicuramente capace, ma mi sono fermato a questo, perchè ho voglia di confermare le tradizioni della nostra terra. Le dobbiamo riproporre sempre, affinchè le generazioni future le conoscano bene e solo allora, le possono rinnovare. Senza la tradizione non si va da nessuna parte».

Certo, figlio di cotanto padre.

«Anzi sarebbe potuto essere il contrario, come fanno spesso altri figli d’arte. Magari rifiutano di confrontarsi con i brani dei padri, ma io lo faccio per passione e come una missione».

Ci saranno anche brani di papà Aurelio?

«Si certamente, ci sarà “Scapricciatiello”, “Guaglione”, “’A sonnambula”, “’A pizza” ecc. e tante altre cose che lui ha portato al successo. Come “Guapparia” e “’e spingole frangese”».

Ma lei sente addosso il peso di un cognome così?

«Diciamo che non è che lo senti, ma te lo fanno sentire gli altri. Ci sono quelli che si volevano togliere le pietre dalle scarpe, ma lo fanno adesso. Poi ci sono quelli che sono rispettosi del passato e della figura di Aurelio Fierro, e di questo te ne accorgi subito. Ma ormai c’abbiamo fatto il callo”.

Lei ascolta anche musica diversa dalla classica napoletana?

“Ma io da sempre ho ascoltato di tutto e mi sono appassionato a tutti i generi. A partite dai gruppi di Hard Rock, come Deep Purple, ai Credeence Clearwater Revival, fino ad Al Jarrow, Frank Sinatra. Pensi che a sei anni, avevo tutti i dischi dei maggiori cantanti americani. E quando mi è possibile li suono e li canto”.

Un cantante con cui le piacerebbe duettare?

«Ho cantato con Franco Simone dal vivo e devo dire che è molto bravo. Un grosso artista, e con lui mi piacerebbe fare qualcosa senz’altro. Tra quelli del passato è un sogno che non si potrà mai realizzare, ma adoro Frank Sinatra. Lui è il più grande cantante del mondo e ha insegnato a tutti come si canta».

Un ricordo di suo padre?

«Soprattutto la sua riservatezza. Lui era il contrario di come era sulla scena, sempre allegro e cordiale.Nel privato era tranquillo, leggeva, scriveva ecc. Da lui usciva sempre il ragazzino che abbiamo tutti dentro. Era giovane dentro e lo dimostrava sempre in ogni occasione. Si emozionava per qualsiasi cosa. Una sera vedemmo una volpe dalla macchina, tornando da Montella, il paese dov’ è nato, e lui si fermò tutto euforico, per aver visto una volpe per la prima volta, dal vivo. Si emozionò per aver visto quell’animale di notte».

Secondo lei, il valoroso Festival di Napoli, potrebbe ritornare?

«Certamente, si potrebbe fare, ma con le persone giuste. Fare una bella selezione, fatta come si deve, per poi uscire delle belle canzoni e degli ottimi cantanti, ma solo facendo una buona selezione. Togliendo il festival di Napoli, hanno tolto tutto una serie di indotto, le case discografiche con il loro personale indotto, e le tante persone che lavoravano per questa manifestazione annuale. Anche se la si vuole criticare come una vetrina meramente commerciale, io dico che la cosa sarebbe positiva, perchè come succede a Sanremo, c’è la possibilità di far uscire novità e volti e voci nuove. L’importante è portare avanti la musica».

Prossimi impegni sui palcoscenici italiani?

«Ce ne sono diversi. I più vicini come date, al teatro Scarpetta di Ponticelli, il 10 marzo, e poi tante altre date fra gennaio e febbraio, che ancora sono da definire e che non ricordo. Sempre come tema la musica classica napoletana. Nelle serate per divertirci faremo anche la musica più disparata, spaziando nei generi che le ho detto e che sono i miei preferiti da ragazzo. Perchè la musica è tutta bella e il pubblico se ne accorge, quando lo fai con passione».