A 42 anni Jorge Mario Bergoglio andava da una psicanalista. Si trovava in Argentina e stava per assumere il ruolo di rettore del Collegio Maximo, luogo di formazione dei gesuiti, scrive l'Avvenire, riportando alcuni estratti delle rivelazioni contenute in un libro-intervista, di prossima uscita, anticipate dal francese “Le Figaro Magazine". Si tratta di dodici dialoghi-colloqui che il Pontefice ha avuto con il sociologo Dominque Wolton, direttore di ricerca al Cnrs.

Nell’estratto del libro, scrive l'Avvenire, «Bergoglio rivela di aver frequentato per sei mesi, una volta alla settimana, una donna medico e psicanalista di origine ebraica “per chiarire alcune cose". L’episodio sarebbe dunque collocabile tra il 1978 e il 1979 quando il futuro Pontefice veniva dall’esperienza di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. “Quando stava per morire - aggiunge il Papa - lei mi chiamò. Non per ricevere i sacramenti, dato che era ebrea, ma per un dialogo spirituale. Era una persona molto buona"».

«No, nessuna sorpresa per il fatto che il Papa abbia riferito di essere andato molti anni fa per un breve periodo in analisi» assicura all'AdnKronos monsignor Bruno Forte, teologo e fra i più ascoltati consiglieri del Pontefice. «Anzitutto - spiega l'arcivescovo di Chieti - perché conosco bene Papa Francesco e so come sia un uomo libero e trasparente, anche nel parlare della sua vita».

Ma soprattutto, afferma il teologo, perché «il rapporto tra psicanalisi e religione si è andato chiarito sempre più negli ultimi decenni. In modo particolare, è risultato evidente che tutto dipende dalla concezione dell'uomo che propone la psicanalisi. Se dietro la psicanalisi c'è un'idea di uomo chiuso in sé stesso, il cui unico orizzonte è quello storico, terreno e mortale, è chiaro che è difficile per non dire impossibile aprire un dialogo con la fede, come in effetti è avvenuto con Freud».

Invece, prosegue monsignor Forte, «se la psicanalisi è aperta alla trascendenza, come nel caso di Jung, allora diventa uno strumento importante per aiutare anche chi percorre un cammino di fede: pure un credente può attraversare momenti in cui sente il bisogno di un sostegno anche in campo psicologico e psicanalitico».

Per il teologo, «una psicanalisi che non sia ideologica e che non chiuda pregiudizialmente alla fede, ma che sia rispettosa della dimensione religiosa dell'individuo, può essere di aiuto anche ai credenti. In tal senso, nessuna contraddizione».

Ma, avverte monsignor Bruno Forte, «non si confonda la psicanalisi con il sacramento della confessione, che è un dialogo con Dio, è aprire il proprio cuore al Signore attraverso la mediazione di un sacerdote, per ricevere il perdono e la grazia di Dio tramite la riconciliazione. Teniamo ben distinte l'esperienza della confessione dalle sedute di psicanalisi».