«Sulla Fondazione Banco di Napoli inspiegabile il silenzio della politica»
L'avvocato e consigliere Orazio Abbamonte: «Anche De Luca poteva intervenire sul consiglio generale, ma non c'è stata alcuna reazione»
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Sab 12 Mag 2018 18:39
di Marco Ellis
NAPOLI. La Fondazione Banco di Napoli, commissariata il 3 aprile dal Ministero del Tesoro, dovrà designare il 18 maggio cinque nuovi consiglieri, da scegliere in altrettante terne di nomi indicati dalle Regioni del Sud, dalle Camere di Commercio e dalle Università. Un sesto consigliere dovrà essere cooptato perché la Regione Puglia non ha indicato la propria terna. Sul futuro della Fondazione Banco di Napoli interviene il professor Orazio Abbamonte (nella foto), docente all’Università Luigi Vanvitelli, che con un gruppo di consiglieri si è battuto per la trasparenza nella gestione, fino ad ottenerne il commissariamento.
Il Commissariamento può imprimere una svolta positiva alla gestione della Fondazione Banco di Napoli?
«Credo che ogni Commissariamento abbia un compito preciso: quello di ricreare le condizioni per il corretto funzionamento degli organi che, con la loro incapacità di assicurare un ordinato andamento all’ente, hanno imposto l’intervento dell’organo straordinario. In questo senso penso di sì, penso che il Commissario possa ristabilire una situazione dalla quale la Fondazione riparta in modo efficiente e nel rispetto dei propri compiti».
Con le ultime presidenze e gli investimenti compiuti negli ultimi anni c’è stato uno snaturamento della funzione e degli obbiettivi della Fondazione?
«Questo è uno dei problemi più spinosi. La Fondazione, a mio giudizio, aveva investito una parte importante del proprio capitale in assets inadeguati ai propri obiettivi, con rischi elevati e rendimenti pressoché nulli, ed in potenziale conflitto d’interessi. Inoltre, il Presidente dell’epoca aveva più volte affermato che gli investimenti patrimoniali nelle banche si proponevano di indirizzarne la gestione, anche mediante patto di sindacato, al fine di creare un nuovo polo creditizio nel Mezzogiorno. Ma lo Statuto della Fondazione impedisce che questa abbia il controllo di una banca e, comunque, la funzione della Fondazione non deve affatto polarizzarsi nel settore del credito, direttamente o indirettamente destinando i propri capitali in grande proporzione in azioni ed obbligazioni emesse da alcune banche».
Gli investimenti degli ultimi anni hanno messo a rischio il patrimonio della Fondazione?
«Beh, certo, ci sono stati investimenti, anche recenti, in aziende che denunciano perdite, non distribuiscono utili e talora non dispongono nemmeno di garanzie appropriate. Ma su questo sta certamente lavorando l’attuale commissario governativo, il dottor Giovanni Mottura, che dovrà sottoporre al Consiglio Generale della Fondazione il suo bilancio di qui a qualche giorno. Staremo a vedere cosa ne verrà fuori».
Come giudica la scelta di una partecipazione azionaria della Fondazione in Banca del Sud ed in Brs (Banca regionale di Sviluppo)?
«L’ho più volte affermato nelle adunanze del Consiglio Generale: quegli investimenti non avrebbero dovuto essere fatti; tanto più perché decisi dal Consiglio di Amministrazione senza che il Consiglio Generale fosse stato posto in condizioni di deliberare seri criteri generali per l’investimento del patrimonio, com’è proprio compito. E non credo che se si fossimo stati posti nelle condizioni di deliberare sui criteri, quegli investimenti sarebbero rientrati nei parametri».
La battaglia che ha condotto insieme ad altri cinque consiglieri non ha suscitato reazioni in nessuna forza politica. Come lo spiega?
«Ho notato ed ho anche pubblicamente sottolineato più volte che nessuna forza politica ha ritenuto di qualche rilievo interessarsi alle vicende della Fondazione Banco di Napoli, che erano così rilevanti da avere condotto ad un commissariamento del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. È un silenzio che non so spiegarmi, anche perché in altre occasioni ho visto la presenza di politici, anche autorevoli, nella sede della Fondazione, in occasione di varie manifestazioni. Dunque, dovevano pur considerarla un’istituzione di rilievo, se con essa avevano rapporti».
C’è disinteresse, o qualcosa di peggio, anche nel comportamento delle Regioni meridionali, che hanno rappresentanti nel Consiglio della Fondazione? La Puglia non ha neanche indicato neanche la terna di nomi per il proprio rappresentante…
«La Regione Campania, che è quella dove la Fondazione ha sede, ha avuto il comportamento meno spiegabile. Il presidente De Luca aveva designato un componente all’interno del Consiglio Generale, ma la ferma opposizione del Presidente dell’epoca ha fatto in modo da ostacolarne l’ingresso, opponendo motivi d’incompatibilità ritenuti del tutto insussistenti dal giudice civile. Dinanzi ad un fatto del genere, dal presidente della Giunta Regionale non c’è stata alcuna reazione ufficiale. Il perché lo ignoro e non saprei giustificarlo».
Si va verso il rinnovo degli organismi direttivi della Fondazione? Che caratteristiche dovrà avere il nuovo presidente?
«Io sono soltanto uno dei 21 consiglieri generali che dovranno concorrere alla scelta del presidente e del consiglio di amministrazione. Posso solo dire che secondo me dovrebbe trattarsi di persone competenti nella gestione di risorse (per nulla facile), di profilo culturalmente appropriato, il compito principale della Fondazione, non dimentichiamolo è la valorizzazione, effettiva e sostanziale, dell’Archivio del Banco di Napoli, e che abbiano dato prova in passato di saper raggiungere risultati reali nei settori di rispettiva provenienza».
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