«Mio fratello Giancarlo era precario come la maggioranza dei ragazzi di oggi, di cui incarna tutte le pene e tutto l'entusiasmo. Con la fondazione Polis teniamo viva la memoria delle vittime innocenti, ma la mia esperienza nasce oggi, 32 anni dopo la sua morte. Ho le mie idee, la mia strategia e i miei ideali. Ho un altro lavoro e affronto la sfida con leggerezza. Se fra un anno dovessi accorgermi che non sono utile tornerei in ospedale». Così sul profilo facebook del Pd nazionale Paolo Siani, pediatra e fratello di Giancarlo, giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, candidato alla Camera a Napoli.

LASCIA LA PRESIDENZA FONDAZIONE POLIS. «Ho chiesto a Renzi che i nomi che saranno con me in lista siano migliori del mio. Non ci può essere un nome chiacchierato, altrimenti dovrò per forza fare un passo indietro». Siani, che questa mattina in vista della campagna elettorale ha lasciato la presidenza della Fondazione Polis per i familiari delle vittime innocenti della criminalità, ha spiegato di aver ricevuto rassicurazioni dal segretario del Pd: «Mi ha detto che si suiciderà se accadrà e ha aggiunto che avrò di sicuro nomi migliori del mio nella lista. Poi, se sarò eletto, dopo un anno deciderò: dovessi scoprire che sto lì a Roma senza far niente, lascio e me ne torno in ospedale» ha concluso Siani.

PARTO DALLE TANTE COSE FATTE IN 10 ANNI DI FONDAZIONE POLIS. «Non sono un tecnico che parte da zero, ma parto da qui: dalle tantissime cose fatto in 10 anni di Fondazione Polis». Siani ha lasciato questa mattina la presidenza della Fondazione Polis, ruolo che ricopriva sin dalla fondazione nel 2008, dopo l'annuncio della sua candidatura alla Camera dei Deputati nella lista del Partito democratico. Siani ha spiegato di voler essere candidato nel collegio uninominale Campania 5, uno dei 4 nei quali è diviso il territorio cittadino di Napoli e quello nel quale è incluso il suo quartiere, il Vomero: «Credo sia normale che io sia nel collegio in cui vivo e lavoro», ha detto Siani. 

«Non parto da zero - ha spiegato - ho fatto tante cose in questi anni ed evidentemente queste sono arrivate anche a Roma, dove qualcuno si è accorto che in questa regione non c'è solo schifezza e camorra ma c'è anche chi fa un lavoro straordinario a favore dei bambini e della legalità. Questo è il lavoro che proverò a fare anche lì, se sarò eletto. Sono a disagio con tutta questa attenzione mediatica, ma a questo punto della mia vita mi sarei sentito un codardo se avessi detto anche questa volta no». Lasciando la presidenza della Fondazione Polis a don Tonino Palmese, attuale vicepresidente della Fondazione e vicario episcopale della Chiesa di Napoli per il settore carità e giustizia, Siani ha confessato di farlo «con un po' di malinconia e dispiacere. Per me questi locali sono stati palestra di vita, ho conosciuto persone e pianto con loro. Ma lascio in ottime mani, più forti e abili delle mie», ha concuso. 

DON TONINO PALMESE NUOVO PRESIDENTE FONDAZIONE POLIS. «Paolo può fare politica non perché è onesto, ma perché è venuto il tempo che, come diceva Benedetto Croce, l'onestà politica non sia altro che capacità politica». Così don Tonino Palmese, vicario episcopale della Chiesa di Napoli per la giustizia e la carità e vicepresidente della Fondazione Polis della Regione Campania per i familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata, ha salutato la candidatura del presidente della Fondazione, Paolo Siani. Nell'assumere l'incarico di presidente della Fondazione, lasciato proprio oggi da Siani, don Tonino Palmese ha spiegato di vivere il suo addio «quasi come un genitore che vede un figlio andare geograficamente altrove. Napoli è capitale della camorra, ma anche dell'anticamorra che non sempre fa notizia per tanti motivi. Ma l'anticamorra a Napoli c'è, e l'espressione più matura dell'antimafia l'ha detta Paolo: fare da ponte. L'espressione più alta dell'antimafia è che la vittima possa imparare a ragionare con il carnefice». A Napoli, ha aggiunto don Tonino Palmese, «stiamo costruendo ponti, e mi dispiace che nella delegittimazione pubblica della nostra città queste cose vengano banalizzate, che siamo tutti “una chiavica". Non è vero», ha concluso.