NAPOLI. «Non sono il mostro di Firenze. Non mi sentivo al sicuro, neppure nella casa dove abitavo, dove tutti potevano entrare». Così Luca Materazzo durante l'udienza del processo che lo vede imputato per l'omicidio del fratello Vittorio, assassinato il 28 novembre del 2016, a Napoli, davanti l'abitazione di famiglia. «Non volevo mettere in pericolo i miei amici, per questo sono andato via», ha continuato. Luca Materazzo ha poi sostenuto la sua estraneità ai fatti, cercando di dare spiegazioni sul suo profilo genetico trovato, in particolare su un coltello e su un casco, che sarebbero stati usati dall'assassino. La prossima udienza è stata fissata per il 25 ottobre. Intanto la Polizia Scientifica oggi in aula ha confermato quanto scritto nella perizia e cioè di aver isolato il profilo genetico sia della vittima sia dell'imputato, in taluni casi sovrapposti, sui reperti acquisti dell'omicidio. Tracce di Dna di Vittorio e di Luca sono stati trovati anche su molti altri reperti, come il casco di cui l'imputato aveva denunciato il furto e, come il coltello, trovati in alcune buste in un vicolo vicino al luogo del delitto. Sono state rilevate tracce anche di altri profili genetici.