PROCIDA. Il Pio Monte dei Marinai di Procida, l’Associazione di solidarietà fondata dai marittimi isolani nel 1617 per assistere i marinai e le famiglie dei marinai in difficoltà, deve tornare nella sua gestione ordinaria con l’elezione democratica dei suoi organi dirigenti. Una petizione popolare è in corso nell’isola - primi firmatari gli ultimi sei sindaci  isolani Enzo Esposito, Aniello Scotto di Santolo, Gerardo Lubrano Lavadera, Luigi Muro, Vincenzo Capezzuto, Dino Ambrosino - per chiedere al Cardinale Crescenzio Sepe un incontro tra la Curia Arcivescovile di Napoli (di cui Procida fa parte) ed una delegazione di rappresentanti delle istituzioni e marittimi di Procida per far intraprendere all’associazione una “navigazione” che le consenta di svolgere i suoi fini istituzionali di solidarietà e mutuo soccorso. Infatti, recentemente, il Pio Monte è stato commissariato dalla Curia napoletana attraverso l’invio dei dottori Gianfranco Wurzburger, Raffaele Di Luca, Pasquale Iodice.
Finora il sodalizio isolano era stato retto sempre da commissari procidani, da quando la Curia che si giova di un Regio Decreto, emanato da Mussolini nel 1939 in cui viene riconosciuta all’ente, denominato “Confraternita”, il suo “scopo prevalente di culto”, aveva annullato le elezioni del presidente isolano per vizi di forma.  I vari commissari - anch’essi nominati dalla Curia di Napoli - succedutisi nel tempo, hanno sempre mantenuto vivo il pio sodalizio, superando anche momenti di difficoltà economica. Tra gli ultimi ci fu il compianto Vincenzo Cuccurullo che insieme al Decano di allora Mons. Michele Ambrosino, ne risollevarono le sorti e ne rilanciarono le attività. L’ultimo commissario procidano, l’ingegnere Mario Carabellese, aveva assicurato che a breve il Pio Monte avrebbe riacquistato la sua ordinaria gestione democratica con libere elezioni. Invece sono arrivati all’improvviso i tre commissari napoletani, così come già successo per la Confraternita dei Turchini. 
La scintilla che ha acceso la vicenda è stata la richiesta di aumento del fitto del locale di Marina Grande, (da 100 a 400 euro mensili) ove ha sede il Circolo Capitani e Macchinisti, fondato nel 1911, che viene considerato l’erede materiale e morale dello stesso Pio Monte. Tanto è vero che per anni il presidente del Circolo Capitani e Macchinisti svolgeva anche il ruolo di gestione del Pio Monte. 
«Al rinnovo del contratto ci siamo trovati di fronte ad una richiesta esosa - dice Vincenzo Schiano di Coscia, presidente del Circolo marittimo isolano -. Poi sono arrivate altre proposte come quella di un comodato gratuito che non ci dava alcuna certezza. Abbiamo avuto la sensazione che dolcemente fosse in corso il nostro sfratto. Ma non si può sfrattare la cultura e la tradizione marinara dell’isola, che sono l’essenza dell’isola stessa, e a farlo non può essere proprio il Pio Monte che fu un fulgido esempio di solidarietà marinara. Ecco perché ci siamo ribellati e porteremo fino in fondo la nostra azione, a livello legale e con manifestazioni sociali, per difendere un bene che appartiene all’isola».
Il commissario Gianfranco Wurzburger cerca di smorzare le polemiche. «Noi vogliamo rilanciare l’azione del pio sodalizio. Abbiamo anche promosso l’istituzione di tre borse di studio da assegnare ai migliori diplomati dell’Istituto Nautico. Ci dispiace molto e siamo sorpresi della reazione dei procidani. Siamo certi e speranzosi che troveremo una giusta soluzione per la sede del Circolo Capitani, dove potremo allocare anche la sede del Pio Monte. Ma non possiamo ignorare i problemi economici».
Intanto anche la mediazione tra Circolo Capitani e commissari del Pio Monte messa in atto dall’assessore comunale alla risorsa mare Antonio Carannante non è andata in porto. E mentre prosegue la raccolta di firme, nell’assemblea popolare tenuta nella sala del consiglio comunale (nella foto), che ha visto una massiccia partecipazione di marittimi e cittadini, c’è stato chi ha proposto azioni clamorose di protesta, come lo sciopero dalle Messe, “per far capire alla Curia che il Pio Monte appartiene a Procida”.

Ciro Ambrosino