"I cambi d'abito del vesuvio"
Le foto di Roberta De Maddi in mostra a Torre Annunziata
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Mer 25 Febbraio 2015 15:34
Dopo il Pan di Napoli ed il Mav di Ercolano, la mostra fotografica “I cambi d’abito del Vesuvio” della fotogiornalista Roberta De Maddi verrà esposta nel liceo artistico statale Giorgio de Chirico di Torre Annunziata. Diciannove scatti della giovane fotoreporter napoletana ci presentano diciannove diverse immagini del Vesuvio, realizzando un ossimoro logico inconciliabile con le strategie della pura didascalia, ma reso possibile dall’inganno alchemico che la fotografia consente. Il Vesuvio è stato osservato, studiato e fotografato per più di un anno e mezzo, ogni giorno ed in più orari della giornata. Così diventa mutevole l’immutabile per antonomasia, la “Montagna”, la ripida bolla di terra fusa che, dal passato più remoto delle ere geologiche, si erge verso il cielo. Che cambia, continuamente, come l’umore e il senso della vita, estremo eppure necessario come il vertice di un cono reciso. Che muta, continuamente, nei colori, nel raggrumarsi dell’aria, nella flebile concrezione delle nuvole, nell’ora che la luce destina. Che cambia, nei momenti di trattenuta divinità di chi ne avverte sempre la presenza, anche senza vederlo, il vulcano; ne sente l’immanenza persino nell’opaca densità della notte, quando a scrutarli, i contorni sono un’immagine restituita dalla memoria.
Il “corpo nudo” della Montagna è quello registrato da Napoli, la capitale alla quale spetta il privilegio di cogliere del Vulcano gli aspetti scenografici, quelli che ne fanno una quinta teatrale, un fondale di posa da fissare in una cartolina nota in tutto il mondo e quasi invariata nei secoli. Una visuale ben diversa di quella che incombe sui “vesuviani”, i “cafoni”, come pure, ancora, vengono definiti con un po’ di supponenza. I vesuviani, inconsapevoli sciamani, eredi di chi, in un rituale agreste, rigoroso nella sua pagana intransigenza, offriva al Gigante doni a scongiurare una terribile teofania, per quanto sempre attesa e rispettata. Ma anche a ringraziarlo per la fertilità della terra, per l’energia che alimenta le loro anime. Perché continui a dormire e a conservare nel sogno del suo sonno un eterno destino di vita. Prima che il risveglio lo renda terribile eppure incessante creatore nella cenere pronta a riaccogliere semi. Come pure è successo. Tante volte, nell’immagine apparentemente immutabile.
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