“Voi ci mandate le bombe, noi vi restituiamo i fiori”. Piovono missili ininterrottamente da cinque anni in Siria, centrale nello scacchiere internazionale e vera polveriera del Medio Oriente. Cadono ovunque “regali di morte” come li definisce padre Ibrahim Alsabagh, Vicario generale e Parroco della comunità latina di Aleppo. Intatta la cupola di San Francesco, bersaglio di una bomba inesplosa ritrovata sul tetto. Un vero miracolo. Quasi a testimoniare l’instancabile presenza e impegno dei cristiani in una terra insanguinata, soltanto apparentemente abbandonata da Dio. Vicenda drammatica e complessa: il processo di pace stenta ad avviarsi. Occorre capire, sperare, agire. E’ quanto si prova a fare nel convegno organizzato da don Doriano Vincenzo De Luca nella Chiesa dell’Immacolata Concezione a Capodichino. “Terrore, paura, tristezza, amarezza” i sentimenti descritti dal giovane francescano, nato a Damasco, autore del libro “Un istante prima dell’alba”, chiamato a svolgere il suo ministero sacerdotale in una città divisa in due. Zona occidentale sotto la protezione del governo Assad, ad est operano indisturbate le milizie.  “Condizioni difficili. Da tre anni senza elettricità, oltre l’80% di disoccupazione e il 90% delle famiglie sotto la soglia di povertà. La gente si lascia andare all’incontro con la morte. Cerchiamo di aiutare senza limiti l’uomo derubato della sua dignità”. Emergenza sanitaria e idrica, via Crucis continua: non mancano però i segnali di vita e le risposte al male. Da Ginevra il collegamento telefonico con Staffan De Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria. “I civili soffrono tanto e da tanto tempo. Qui non c’è un vincitore, gli unici vinti sinora la popolazione”. Si prova a ricostruire le case danneggiate. “Un aiuto concreto attraverso il progetto della Culla della Carità a vantaggio dei bambini e di quelli, che non potendo emigrare, desiderano una vita normale” dichiara don De Luca. “Evidente la debolezza dell’Europa, che non ha la forza per intervenire. Non c’è soluzione militare. Spetta alla diplomazia trovare una via per evitare sofferenze più grandi ” spiega Enzo Amendola, sottosegretario Ministero degli Affari Esteri.