NAPOLI. «Caro Presidente, sono tranquillo, nessun suicidio. Nessuna reazione rabbiosa né rancorosa. Ma c'è modo e modo di chiudere un rapporto». È il contenuto di una lettera del parlamentare uscente Amedeo Laboccetta indirizzata al presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi. «Il benservito c'è modo e modo di darlo. Dietro ciascuno di noi ci sono persone, familiari, rapporti sul territorio che vanno rispettati - prosegue - . E invece sinora nessuno mi ha detto nulla. Nessuna spiegazione. Dalla lettura dei giornali ho appreso della mia esclusione, per il resto un assordante silenzio. Non è un cahiers de dolèances il mio, sento però il dovere di dire alcune cose. Lo devo innanzi tutto a me stesso, come uomo e come politico. Sono orgoglioso della mia storia di Destra, sempre coerente con i miei principi e i miei valori. Rivendico di aver svolto un ruolo determinante il 14 dicembre del 2010 quando insieme ad un numeroso gruppo di deputati ex finiani evitai la caduta del Tuo Governo. Mi sentii così fiero di aver suggellato un patto di leale collaborazione politica che Tu volesti diventasse anche di personale amicizia! Tre anni dopo, nel 2013 da coordinatore del partito a Napoli, eletto da un congresso con migliaia di partecipanti, venni, senza alcun preavviso fatto scivolare all'8° posto, risultando poi alle elezioni primo dei non eletti. Il mio posto tra i sicuri eletti era stato assegnato all'Avv. Nino Marotta, un “catapultato" che godeva all'epoca, secondo i bene informati, di grandi protezioni. Nel 2014, quando era già pronto il mio libro che svelava i retroscena del colpo di stato ordito contro di Te da Napolitano, Fini e Tremonti, ricevetti, lo ricorderai, la Tua personale promessa di far eleggere al Csm il Marotta in modo che io potessi subentrargli alla Camera. Poi invece l'operazione naufragò e Forza Italia scelse altri. Dal 28 giugno scorso, per una fortunosa coincidenza, sono rientrato alla Camera e quella stessa sera ebbi anche il piacere di ritrovarmi con Te, Francesca e altri vostri amici in un ristorante romano. Nella circostanza fosti, ancora una volta, prodigo di apprezzamenti per la mia persona e per il coraggio che io avevo avuto nello scrivere quel libro, che tante volte hai pubblicamente decantato. In Parlamento e fuori non ho fatto mai mancare il mio leale contributo alla causa del partito. Così come la mia vicinanza fisica all'amico Marcello Dell'Utri in questo difficile momento non è mai mancata. Posso vantare di essere stato tra i pochissimi che regolarmente gli ha fatto visita a Rebibbia, provando ad alleviare il suo dolore per l'ingiusta carcerazione, secondo il principio che la solidarietà va praticata e non predicata. Serbo il ricordo del nostro incontro alla convention di Ischia di settembre quando con poche ma precise parole, mi rassicurasti circa la mia riconferma - si legge ancora - . Così come quando salutandomi alla presenza dell'amico senatore De Siano alla presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa poche settimane addietro, hai lasciato intendere che nulla fosse cambiato. Oggi mi rimane un'amara considerazione: forse il mio impegno, il mio contributo non servono più, forse il mio tempo è scaduto? Se è così, quanto sarebbe stato bello sentirmelo dire da Te anziché non essere degnato nemmeno del poco tempo necessario per una simile incombenza», conclude Laboccetta.