La Lega rompe gli indugi sul caso Diciotti. Aspettando le mosse di Matteo Salvini e dei Cinque Stelle. Sia chiaro, dice il partito del ministro dell'Interno, che far finire alla sbarra il nostro leader equivale a processare tutto il governo. Una posizione che viene messa nero su bianco con una nota dei due capigruppo di Senato e Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. "Processare chi, nell'esercizio delle sue funzioni di ministro dell'Interno, ha contemporaneamente agito nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e ottemperato al mandato ricevuto dagli elettori, significa inequivocabilmente tentare di processare il governo".

Nel frattempo, in tanti tra i suoi, a quanto si apprende, si stanno convincendo che sarebbe meglio che fosse il leader stesso a chiedere ai suoi, intanto, di esprimere in Aula, al Senato, un voto contrario all'autorizzazione. Non mancano i big del partito che suggeriscono al leader di lasciar da parte "la giusta rabbia e l'orgoglio", preferendo una "mossa politica", che porti i suoi 58 senatori a votare compatti per il no all'autorizzazione. "Non credo che davvero voglia farsi processare", aggiunge un altro parlamentare.

"Si tratterebbe di riportare le cose alla loro realtà - spiega una fonte del Carroccio - : a un atto politico come quello del nostro leader nei confronti della Diciotti, deve corrispondere in Senato la difesa politica della sua attività". Una strategia che costringerebbe inoltre Di Maio e i Cinque Stelle a fare un discorso più chiaro sul via libera annunciato in Senato a procedere contro Salvini. "Non potrebbe più dire che non vuole fare un dispetto a Salvini", maligna qualcuno nel Carroccio. E poi finire a processo non è mai una bella cosa, neanche per un ministro forte come Salvini". Per ora il leader della Lega tira dritto e non scoglie la riserva: "I 5 stelle decidano con coscienza, non impongo nulla a nessuno, io non ho bisogno di aiutini".

Il leghista Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Cameraa sottolinea: "Il Senato non vota su Salvini in quanto persona ma per dire se l'azione sia stata compiuta per pubblico interesse. Dato che tutti i ministri - osserva - hanno già affermato che erano tutti d'accordo nel tenere quel corso di azioni mi pare evidente che si sta parlando di un'azione che era ritenuta di pubblico interesse". Per Borghi votare no "significa sconfessare il governo e affermare che il Governo (tutto) non agisce per pubblico interesse".

IL TIMORE DEL M5S - Per i pentastellati il timore è di pagare un conto salatissimo. Con il M5S che arranca sulla vicenda migranti e che potrebbe implodere sul caso Diciotti e la richiesta del tribunale dei ministri di Catania di processare il capo del Viminale per 'sequestro di persona aggravato' e per aver 'abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 177 migranti' lasciati in balia del mare a fine agosto. Su questo Luigi Di Maio è stato chiaro: il M5S voterà sì alla richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro dell'Interno. Chiaro con l'elettorato ma anche con l'alleato di governo, al quale ha spiegato che votare contro ogni forma di immunità è una regola aurea dei 5 Stelle.

Ma col passare delle ore crescono dubbi e timori nelle file grilline. In particolare, se al principio Salvini ha detto chiaramente di volersi far processare, c'è chi nel Movimento teme 'piroette' dell'ultimo minuto, con il numero uno della Lega pronto a chiedere una mano all'alleato di governo. "A quel punto la spaccatura sarebbe cosa facile, facilissima", dice un big di governo M5S all'Adnkronos. Il timore è palpabile, tant'è che la nota dei capigruppo della Lega di Camera e Senato diramano per sottolineare come processare Salvini equivalga a processare tutto il governo rimbalza in tempo reale sui telefonini dei vertici del Movimento.

IN GIUNTA BLOCCHI DI PARTENZA IN FAVORE DEL SI' - Riguardo al processo a Salvini fra i senatori il refrain è quello di prammatica: voglio prima vedere le carte. Ma sulla richiesta del Tribunale dei ministri nei confronti del ministro dell'Interno i componenti della Giunta delle elezioni e delle immunità di palazzo Madama presieduta da Maurizio Gasparri (Fi) dovranno votare a scrutinio palese. E sarebbe un miracolo se si discostassero dalle indicazioni di gruppo. Ma il voto è ancora di là da venire. La Giunta si riunirà per la prima volta per affrontare la richiesta mercoledì prossimo alle 11. Fra i 23 membri della commissione, compreso il presidente, Salvini può certamente contare, a suo favore, sul fatto che i voti di Fi e Fdi si aggiungeranno a quelli della Lega, per un totale, però, di soli 9 voti. Il Pd oggi ha definito "seria" la richiesta e non ha preso formalmente una decisione, ma a palazzo Madama si dà per scontato che sarà a favore dell'autorizzazione a procedere.I 4 voti insomma con tutta probabilità si sommeranno ai 7 favorevoli M5S (come annunciato da Di Maio e anche Di Battista), per un totale di 11.

L'ex presidente del Senato Pietro Grasso non si è ancora pronunciato, anche se la settimana scorsa ha eloquentemente postato una prima pagina di 'Libero' dell'agosto 2018 in cui Salvini si diceva pronto a rinunciare all'immunità e ad affrontare i processi. Restano in sospeso, ma non necessariamente in bilico, l'ex M5S Gregorio De Falco Meinhard Durnwalder (Svp-Autonomie, che si è astenuto sulla fiducia ma ha votato contro la manovra) che vogliono rendersi conto della situazione una volta esaminati i documenti e tutte le carte del caso. In sintesi, la fotografia del momento registrerebbe Salvini a processo per 12 voti contro 9, con due senatori incerti.

RENZI - Matteo Renzi intanto ha annunciato su Twitter che dopo aver letto le carte "con attenzione e senza alcun pregiudizio ideologico" voterà a favore della richiesta di autorizzazione a procedere.