Abusivismo edilizio e legge urbanistica
Visto che se ne continua a parlare in occasione di crolli di edifici, abusivi e non, è opportuno ricordare che quello dell’abusivismo edilizio è un fenomeno sconosciuto nell’Italia fascista, e anche in quella prefascista,
per le modeste condizioni economiche e per la inesistente motorizzazione della gente (il progresso ha avuto anche nel campo della mobilità personale i suoi vantaggi e i suoi svantaggi). Ciònondimeno il 17 agosto 1942, pochi mesi prima del crollo, il regime fascista emanò la prima e unica legge urbanistica del nostro paese, la n° 1150. Integrata venticinque anni dopo dalla legge n° 765 del 6 agosto 1965 del ministro Giacomo Mancini. Detta “legge ponte” verso una seconda e più completa legge urbanistica che stiamo ancora aspettando (checchè ne pensino gli assessori regionali che si affannano, sbagliando grossolanamente, a emanare leggi urbanistiche regionali - ben venti - e nessuno li frena, anzi ci sono giornali che li spronano…). E al preciso scopo di impedire interventi sul territorio non rispettosi di norme e regolamenti venne stabilito che “chiunque intenda nell’ ambito del territorio comunale eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire quelle esistenti (…) deve chiedere apposita licenza al sindaco (…) che la può concedere sempre che sussistano le opere di urbanizzazione (...) il sindaco vigila sull’attività costruttiva nel proprio territorio comunale per evitare che si costruisca senza licenza o in contrasto con questa (…) quando siano state eseguite opere non autorizzate il sindaco sospende immediatamente i lavori con riserva di decidere la demolizione delle opere e di applicare le sanzioni penali che vanno dall’ammenda fino a (…) e alla carcerazione fino a (…)”. Per l’autore di un abuso edilizio la legge fascista del 1942 prevede la galera. Ne discende il principio che l’unico titolare della salvaguardia del territorio comunale è il sindaco. Che si avvale dei vigili urbani (per questo si chiamano vigili) per il controllo o vigilanza del territorio comunale. E, se lo ritiene necessario, anche della commissione edilizia e della commissione urbanistica. Perciò non ci sono Tar, Consiglio di Stato, consigli regionali, cattedratici e avvocati che possano limitare i poteri del sindaco in materia di demolizione di opere abusive. E anche in materia di sanatoria. Infatti l’art. 26 della 1150, equivalente all’art.6 della 765, precisa che il sindaco dispone “la demolizione delle opere o anche la modifica delle stesse”. Il che vuol dire che, pur essendo abusive, le opere possono essere sanate a condizione che “alcune modifiche” le rendano compatibili, a giudizio del sindaco, con le norme del piano regolatore o del regolamento edilizio e con i valori ambientali. Le citate leggi prevedono l’intervento del ministro dei Lavori pubblici quando il sindaco non dispone il provvedimento di demolizione delle opere abusive. E ho ricordato più volte l’episodio della demolizione ad opera del ministro Mancini dei due piani di palazzo Ottieri a via Martucci che davano fastidio alle sorelle Croce. E nessun Tar, nessun Consiglio di Stato, nessun leguleio ebbe nulla da eccepire. Assodate le responsabilità di tutte le autorità costituite, sindaci, prefetti, questori, pretori, procure della Repubblica addette all’antibusivismo, delle tante associazioni ambientaliste, degli enti erogatori di servizi e dei Governatori, si sarebbe dovuto, innanzi tutto, contestare ai sindaci il reato di “omissione di atti di ufficio” per non avere adeguatamente vigilato. Ed è sorprendente (e deplorevole) che nessun magistrato abbia mai pensato di perseguirli. Sono certo che la carcerazione preventiva di qualche mese (perché non reiteri il reato e non inquini le prove) di un solo sindaco e poi il suo rinvio a giudizio varrebbero a frenare il fenomeno dell’abusivismo. Sono sicuro che se un magistrato consapevole e determinato (ma c’è?) metterà in galera qualche sindaco si procederà immediatamente in tutti i comuni italiani al rifiuto di condonare le opere abusive e gli ottomila e passa sindaci si attiveranno per l’abrogazione di tutte le leggi urbanistiche regionali e per il ripristino della legge urbanistica del ’42, con pochi aggiornamenti.