Accelerare la spesa, il problema non è a Bruxelles
Cosa significa sul piano pratico per l’Italia ottenere maggiore flessibilità dall’Unione Europea? Quantificandolo in cifre, si tratterebbe di poter disporre per l’anno in corso di oltre 11 miliardi di euro in più da utilizzare in investimenti in conto capitale. Di questa somma enorme, 7 miliardi sarebbero destinati al Mezzogiorno. Non sarebbero risorse aggiuntive in assoluto, ma solo disponibili fin dal 2016, ossia prima di quanto sarebbe altrimenti previsto. Questo dato è molto importante, perché, al tirare delle somme, c’è la sensazione che qualcosa non quadri. L’accelerazione della spesa, infatti, presuppone la capacità di impiegarla nei tempi previsti e con la giusta efficacia. Ed è proprio qui che i conti cominciano a non tornare. Le linee programmatiche del Masterplan governativo per il Mezzogiorno, ossia dello strumento che, tra l’altro, è finalizzato proprio a velocizzare e rendere più efficienti le procedure, hanno tracciato un percorso di dialogo interistituzionale tra governo centrale e realtà territoriali. Il cuore di questo sistema sono i patti da definire tra Regioni e Città Metropolitane, da un lato, ed Esecutivo, dall’altro. L’obiettivo: individuare progetti strategici su cui allocare le risorse. Ebbene, il termine per definire questi patti era stato, per la verità con un ottimismo al di fuori di qualsiasi logica, individuato nel 31 dicembre 2015. La scadenza, evidentemente, era tutt’altro che perentoria, visto che le intese in questione sono ancora in alto mare. Il problema è che, più tardi si provvede, più diventa difficile spendere i fondi europei e nazionali. E, al di là dei patti, i segnali finora registrati non offrono grandi speranze in vista dell’auspicato aumento del ritmo di spesa dei fondi strutturali e dei co-finanziamenti nazionali. In altre parole: si ingaggia una battaglia con l’Unione Europea per poter aumentare la dotazione finanziaria da investire nel 2016, mentre la preoccupazione crescente è che perfino quelle tranquillamente utilizzabili al momento rischiano di slittare nel tempo, per incapacità di pianificare, progettare e attuare in tempi rapidi interventi di sviluppo: che siano infrastrutture o incentivi all’impresa. È giunto da poco a conclusione il ciclo di programmazione 2007-2013, con la mancata realizzazione dei grandi progetti strategici per Napoli annunciati con clamore pari all’inconsistenza della fase attuativa. Forse, prima di chiederlo a Bruxelles, si dovrebbe accelerare in casa nostra, rivedendo normative ingessate e rimuovendo funzionari incapaci.