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Aurelio come Crono divora la sua creatura

Opinionista: 

Nella sua Teogonia, Esiodo racconta come Crono, divinità preolimpica, mangiasse i suoi figli per il timore che uno di questi lo spodestasse, come gli avevano profetizzato i suoi genitori Gea e Urano. Il richiamo mitologico è riaffiorato alla mente ascoltando le esternazioni del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, nel dopo partita del Bernabeu. L’amarezza dimostrata dal numero uno azzurro e l’asprezza delle critiche rivolte a Sarri e agli stessi giocatori sono apparse davvero eccessive, al di là dell’inopportunità di sbandierare pubblicamente dissensi che, come il lavaggio dei panni sporchi, avrebbero dovuto essere composti “in famiglia”. Qualcuno sostiene che De Laurentiis non sopporta chi gli fa ombra, che si possa etichettare la squadra come il Napoli di Sarri, anteponendo l’importanza della guida tecnica a quella societaria. Se così fosse, sarebbe un comportamento miope, l’esatto contrario della lungimiranza palesata in tanti anni. Un uomo che ha rilevato il Napoli dal fallimento per condurlo in pianta stabile nel calcio che conta, che ha portato a Napoli Lavezzi e Edinson Cavani, Mazzarri, Benitez e Sarri, Hamsik, Higuain e Mertens, non può ingannare se stesso al punto da temere di essere oscurato da un suo “dipendente”, sia pure geniale come l’allenatore toscano. La realtà, probabilmente, è più semplice. De Laurentiis, subito dopo le gare, reagisce istintivamente come un tifoso da bar. Non riesce a frenare le proprie passioni, come più di una volta ha riconosciuto, a seguito di altre “performance” del passato, dopo essersi placato. È un difetto non da poco, in un imprenditore che, per tanti altri aspetti, ha saputo guidare una società calcistica meglio di chiunque altro, se si guarda al rapporto tra ricavi e risultati ottenuti. Sia sul campo, sia in termini di saldezza di bilancio. De Laurentiis-Crono vuole dunque disfarsi delle meraviglie create? Indurre Sarri a cedere alle lusinghe di chi vorrebbe proporgli palcoscenici ancora più prestigiosi? Far rivedere le posizioni di Mertens, che finora non sembrava avere alcuna tentazione di cambiare aria, pur rinviando di mese in mese il rinnovo del contratto con il Napoli? Creare un clima di conflittualità latente tra i giocatori e presidenza, le cui avvisaglie sono già affiorate per iniziativa del leader dello spogliatoio Pepe Reina? Non credo gli convenga. Anche e soprattutto perché il calcio è impresa, non solo sport. E solo un gruppo coeso può garantire la prosecuzione della splendida avventura iniziata tredici anni fa.