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Basta copertine, fuori i contenuti

Opinionista: 

Negli anni della Prima Repubblica era buona regola presentare i programmi molto prima del voto - che poi venissero poco rispettati o del tutto disattesi, è un altro discorso - importante era che l’elettore potesse valutare e scegliere in base a precisi progetti di futuro. Tutto questo riguardava anche la “formazione e la informazione” dei compagni di cordata, cioè dei consiglieri, con i quali si sarebbe fatto un lungo cammino di lavoro e di impegni comuni e un percorso propositivo. Oggi, con la elezione diretta dei sindaci, non solo il rispetto di questa regola è relativo, dipende dalla esclusiva volontà di chi si presenta come sindaco ma spesse volte si può dire addirittura eluso dal principio che il sindaco racchiuda in sé tutta la “scienza dell’amministrazione”. Abbiamo così visto ascendere e discendere dal “soglio” comunale personaggi che fanno e disfanno, incorreggibili improvvisatori, visionari, collezionisti solo di fallimenti. Prendiamo il caos Napoli - tolto il candidato sindaco Lettieri, che per cultura imprenditoriale è portato da sempre a muoversi sulla scia di rigorose programmazioni, un metodo confermato in questi anni anche da capo dell’opposizione nel cui ruolo non ha dato tregua alle improvvisazioni demagistriane - purtroppo non riusciamo a trovare in giro progetti degni di tale nome, proiettati a prefigurare un futuro credibile. In molti casi abbiamo dei depliant con abbozzi di programmi, in molti altri solo copertine, senza contenuti, spesso da indovinare in base ad audaci ipotesi. Roba da mago Otelma. Si dirà che è tutto nero su bianco e che i programmi già ci sono. Ed è anche vero che se riesce a mettere insieme, a varare soltanto Bagnoli, Napoli Est, Centro Storico, periferie, Napoli potrebbe superare e stracciare i primati della innovazione e della modernità di città come Barcellona, Bilbao, ma oltre questo, alla vigilia del voto comunale, su che cosa a Napoli si può contare in più e di più? Ce lo dobbiamo chiedere e se lo debbono chiedere con forza i vari candidati a sindaco, da quello in carica per l’ordinaria “disamministrazione” a quelli alla “carica” per mandarlo a casa. È un dovere da parte di chi si propone di guidare una comunità che ha bisogno soprattutto di discontinuità dopo venticinque anni di Giunte tutte di sinistra, dagli esiti e dai bilanci sconcertanti nonostante abbiano potuto contare su consensi bulgari, condizioni favorevoli dal punto di vista della economia del Paese e su cospicui aiuti comunitari. Premesso che, con il commissariamento, siamo ancora alle prime battute della svolta impressa dal premier al caso Bagnoli e su altri fronti addirittura in alto mare, in ragione dei ragionamenti appena fatti, i vari candidati in campo pensano che oggi possiamo seriamente poter dire di essere pronti alla trasformazione urbana, la cui progettualità è ancora in bilico, o che, piuttosto occorra da subito cambiare passo e darsi da fare per scongiurare domani nuovi ibridismi urbanistici, causa di scompensi e squilibri, di cui tuttora scontiamo le conseguenze? Vedi periferie?