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Con la nostra Grecia Renzi peggio di Merkel

Opinionista: 

C’è la Grecia di cui tutti parlano. E quella di cui non frega più nulla a nessuno. Sempre sul filo tra disperazione ed emigrazione. Eccola: campani e siciliani assieme sono 11 milioni, quanto i greci; il Pil di Atene vale 180 miliardi, quello di Campania e Sicilia solo 150; per povertà, pensionati e lavoratori in nero, in Europa nessuno come il nostro Sud è più vicino ai livelli greci. Sono soltanto tre dati, ma si potrebbe continuare. E non sarebbe un bel vedere. Il default greco fa rumore, la bancarotta industriale ed economica del Mezzogiorno neanche più quello. La settimana scorsa, prima che uscissero le ultime cifre Istat sull’occupazione, avevamo previsto che i numeri avrebbero fotografato non la crescita, ma la stagnazione dell’economia italiana. Onde evitare l’accusa d’indovini della catastrofe, diciamo subito che avremmo preferito essere smentiti. Ma ad essere sbugiardato è stato il Governo: nell’ultimo mese si sono persi 63mila occupati e il tasso di occupazione giovanile è sceso al 15% (-0,4%). Per l’Istat la ripresa ha un’intensità «più contenuta rispetto al primo trimestre», ma allora si registrò un misero +0,1% sul primo trimestre 2014. «Più contenuto» di così c’è solo lo zero. La palude dello zero virgola sta condannando più di tutti il Meridione. Una Grecia d’Italia, rispetto alla quale Renzi ha un atteggiamento peggiore di quello che la Merkel ha con Atene. Almeno la cancelliera è costretta a cercare una soluzione; il nostro premier, invece, la sua Grecia l’ha cancellata dal vocabolario. Qui al massimo si esulta per la faticosa difesa dell’esistente. Le vicende Whirlpool, Magneti Marelli e Firema lo dimostrano: intese positive perché evitano un’ulteriore allargamento della crisi, ma conservative e, almeno in due casi, anche con un costo a carico della collettività. Gli annunci di Renzi sono stati tanti: dai fondi Ue «finalmente da spendere» a una «cabina di regia» per il Mezzogiorno. Chiacchiere portate via dal vento. Nulla è stato fatto per rendere meno folle avviare un’impresa da queste parti. Dal credito alla sicurezza, dalle tasse ai trasporti, dalla giustizia alla scuola, nulla si è mosso. Nulla neanche per fermare lo sperpero del pubblico denaro. In Grecia almeno sono stati costretti a smettere. I problemi strutturali si sono aggravati, mentre 3,5 miliardi del Sud sono stati dirottati alla decontribuzione dei contratti. Insomma, un bilancio disastroso. Gli apprendisti stregoni ministeriali, che pensavano bastasse far ripartire l’export del Nord per trascinare il Mezzogiorno, si sbagliavano. E dopo un anno e mezzo siamo ancora qui, a contare i nostri morti e feriti. Per non parlare di chi ha scelto di emigrare per non morire. Senza un disegno strategico, una politica di reindustrializzazione, una visione del ruolo che il Sud può avere nell’economia italiana ed euromediterranea, non resteranno che impoverimento ed emarginazione. Vista da qui, la Grecia degli altri è terribilmente vicina.