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Dalla “luna di miele” al “fiele” dei problemi

Opinionista: 

Dopo una vittoria mai sicura e scontata, sempre certa-incerta nonostante le previsioni anche le più favorevoli, i primi giorni sono naturalmente di grande euforia. Ci si rimette in fronte la bandana, ci si affaccia dai balconi, ci si lascia portare in corteo e incoronare re o imperatori, si fa preannuncio di un nuovo movimento arancione che parte alla conquista dell’Italia. È tutto uno sventolio di bandiere e caroselli per le strade fino a notte inoltrata, con l’entusiasmo dei propri sostenitori che sale alle stelle. Luigi de Magistris rientra a Palazzo San Giacomo con il 66,9. Nel giorno in cui compie 49 anni, lui si autocelebra affermando di aver vinto contro tutti, di aver vinto con la sua “rivoluzione governante”: una formula mai usata da alcun leader e che compare per la prima volta a Napoli di cui può giustamente rivendicare l’esclusiva. *** Autorevoli “sostenitori”. Tutto ciò che è reale è anche razionale, diceva Hegel. I voti sono oggettivamente a favore del sindaco rientrato. A suo favore anche la lezione di Ciriaco De Mita (uno che di queste cose se n’è sempre inteso molto, eccome) quando diceva che i voti non si giudicano, ma si contano. E perché non ricordare anche Achille Occhetto quando prendeva atto, con soddisfazione forse un po’ esagerata, che il suo nuovo partito, ex comunista, manteneva intatto lo “zoccolo duro”. Consensi a de Magistris, come si vede, vengono anche dal passato. *** Ma quanto può durare una luna di miele? L’assunto hegeliano può essere facilmente smentito se si pensa che a Napoli tutto ciò che è reale è soltanto “reale” (nel senso che se ne deve prendere atto) e troppo spesso ben poco razionale. I voti che si ottengono non vanno demitianamente soltanto contati. Zoccoli duri qui non ne sono mai durevolmente esistiti, ma solo terreni friabili: facile salire sull’altare, altrettanto facile precipitare nella polvere. Le rivoluzioni finora tentate, sono state sempre “fuochi di paglia”. Sbollita l’euforia, prudenza vorrebbe che si valutasse attentamente se davvero si è ottenuto il “plebiscito di una minoranza”. Se è vero, o no, che il 66,9 per cento si riferisce solo al 35,9 degli elettori che sono andati a votare. E il resto della città che fine ha fatto? Di quale e quanta città si è ridiventato sindaco? *** Rappresentanza in crisi. Disertare le urne, meritare, si fa per dire, come città il primato dell’assenteismo, è certamente prova di scarsa cittadinanza attiva e del deprecabile, montante fenomeno dell’antipolitica. Ma perché tanta sfiducia nella principale istituzione pubblica come è il Comune e nella politica come strumento della “democrazia governante?”. Nella nostra storia ci sono tante vittorie di Pirro, classificabili come tali anche quelle che si riportano più per demerito degli altri che per meriti propri. *** Una campagna da dimenticare. Così le elezioni del giugno 2016. Ci hanno rimesso tutti, per primi i cittadini che, per dimostrare la propria acuta disaffezione, hanno votato solo per il 54,14 al primo turno per poi dimezzarsi quasi al ballottaggio. Proprio un bell’esempio di autolesionismo perché rinunciare a un diritto-dovere è il modo peggiore di farsi male da soli. Un cattivo spettacolo, del resto, con molti attori sul palcoscenico. Ha cominciato il Pd con la umiliante sceneggiata delle primarie e anche Bassolino ci ha messo del suo quando si è intestardito con i ricorsi. Ora il lanciafiamme minacciato da Matteo Renzi brucerà veleni e rancori? Anche il centrodestra non ha voluto essere da meno e ha dato un deprimente spettacolo di disunioni e frazionismi. Almeno de Magistris può vantare che il pezzo di città a lui fedele, ancorché minoritario, ha fatto sempre quadrato intorno a lui. *** Ora un fuori tema e per favore non inorridite. Sapete che cos’è oggi il femminicidio? È una “originale” variante del “divorzio all’italiana”: un modo “sbrigativo” di risolvere un conflitto coniugale.