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De Luca metta mano alle ferrovie regionali

Opinionista: 

Quando Antonio Bassolino avviò la sua prima esperienza di amministratore locale – la più felice – nella scelta delle sue priorità credo sia partito da esperienze personalmente vissute. Mise immediatamente mano ai trasporti pubblici. Il più importante investimento di danaro che il comune allestì, fu destinato all’acquisto d’automezzi Ansaldo e Breda Menarini che rappresentarono genuina linfa immessa nell’esausto sistema arterioso dell’allora Atan, poi trasformata nell’all’epoca molto efficiente Anm. Fu un’idea sagace, che non andrebbe dimenticata. Perché un efficiente sistema trasportistico fa la differenza in una comunità di cittadini. Allo spostamento sul territorio è legata buona parte della vita del cittadino e soprattutto delle fasce socialmente più deboli, che sono le maggiormente sensibili alle scelte della politica, perché da questa più dipendono. Far avvertire sensibilità nei loro confronti, significa anche concorrere non poco ad elevare il senso d’appartenenza di ciascuno alla comunità, una comunità che si percepisce vicina e sollecita agli interessi di ciascuno dei suoi componenti. Non sono vaghe retoriche o sogni d’un astratto pensatore: sono semplici osservazioni frutto dell’esperienza vissuta da chiunque s’azzardi ad affidarsi al trasporto collettivo per raggiungere le sue quotidiane od occasionali mete: credo siano il frutto di quella stessa esperienza che al giovane Bassolino poi sindaco di Napoli non dovette certo difettare. Vincenzo De Luca, che di Bassolino certamente amico non è, potrebbe fare di più. Nelle sue mani è la Regione Campania – che Bassolino non seppe amministrare – e dunque non solo il trasporto d’un comune, ma l’intera rete ferroviaria locale. La quale è in condizioni pietose ed indegne d’uno stato civile. Vero che l’Italia uno stato civile non è, però è anche vero che su alcune cose fondamentali – ed il trasporto pubblico è fondamentale – si può seriamente intervenire, facendo avvertire la differenza. Chiunque salga su un treno che non sia la famigerata alta velocità – la quale peraltro ritarda due volte su tre, ma ha costi da noleggio con conducente – compie un’esperienza che definire allucinante è dir poco. Il materiale – così lo chiamano i competenti – autentica ferraglia, che emette sinistri rumori, sia nel suo scorrere cigolante e malandato sulla linea ferroviaria, sia quando dà mano ai freni, producendo terribili stridori, che lasciano impressione non diversa da quella che si provava assistendo ai riti paratribali dello scannamento d’un maiale. Le condizioni a bordo sono da deportazione; non esagero. Vagoni affollati all’inverosimile, in uno su quattro talora fiaccamente è in funzione aria condizionata, ma tutti sono regolarmente privi di adeguati varchi per l’accesso dell’aria, appunto perché progettati vagheggiando la climatizzazione che non c’è. Teoricamente esiste anche un orario per le partenze e gli approdi, ma in realtà si tratta di generiche esortazioni al personale, che normalmente non si lascia condizionare più di tanto e parte ed arriva quando ritiene. La parola igiene fuggirebbe inorridita (se ci fosse) qualora pronunciata all’interno di quelle carrozze: e non parlo della toilette – autentica latrina – ma anche delle aree destinate alla seduta, dove si trova sporcizia stratificata, coltivata con evidente cura dal personale addetto ad eliminarla. Insomma, un disastro. Che lascia nel cittadino, spiccato il senso dell’incuria per il collettivo e del disprezzo delle istituzioni nei confronti dell’individuo. Un qualcosa non solo disperante per l’esperienza di ciascuno che la vive, ma di socialmente deleterio per l’educazione collettiva, dato che ricaccia ogni atteggiamento cooperativo e inteso all’interesse comune e sviluppa nelle masse disgusto e reazioni distruttive, come fa notoriamente ogni contesto degradato e come le cronache quotidiane insegnano generosamente. Vincenzo De Luca non ha cominciato bene: in che senso? Nel senso il suo essersi candidato contro la legge vigente ed averla poi piegata a suon d’incostituzionalità più o meno credibili, ha confermato, per ora, che in Italia chi è più forte vince. Vero o falso che sia, la sensazione che la collettività ne ha tratto, è che le leggi son flessibili quando a chiederlo è un forte. Una dura realtà, che dovrebbe evitarsi di mettere tanto platealmente in evidenza. Ora comunque ha la responsabilità della Regione ed anche quella aggiuntiva di cancellare questa pessima impressione. Probabilmente, se il trasporto collettivo cambiasse d’aspetto, sarebbe un gran segnale di civiltà e d’istituzioni che non son lì solo per essere arrembate da corsari in cerca di bottino, ma per mettersi al servizio di cittadini bisognosi di tutele.