Demoliamo i “mostri” dell’Aulenti e Bassolino
All’inizio di via Foria di Napoli, a ridosso del Museo Nazionale, c’erano fino a qualche anno fa dei bellissimi giardinetti, dove era gradevole sostare seduti su una panchina all’ombra di un leccio o sul bordo della vasca d’acqua con una fontanina zampillante. Li volle nel 1806 re Giuseppe Bonaparte che, nei due anni del suo regno, diede corso a importanti opere pubbliche come la grande strada che, passando per Capodimonte e scavalcando con un ponte il rione Sanità, collegava la Capitale con Aversa (l’attuale via Santa Teresa degli Scalzi) e, per quel che riguarda la via Foria l’abbellì anche con lo stupendo Orto Botanico. Uno dei vanti di questa città. Negli anni ’60 portavo ai giardinetti le mie bambine che si divertivano a dar da mangiare alle paparelle che animavano la vasca d’acqua. Erano l’unico spazio verde del centro storico dove abitavo. E a nessuna amministrazione comunale, nemmeno a quella laurina delle mani sulla città, è mai venuto in mente di cancellarli per trasformarli in area edificatoria. Ci voleva il signor Bassolino Antonio da Afragola, il sindaco del cosìddetto “rinascimento napoletano”, per decidere di spazzare via alberi, prati, vialetti, panchine e vasca d’acqua per costruirvi la stazione Museo del metrò collinare. Una infrastruttura iniziata dal sindaco Maurizio Valenzi nel lontano 1978 con la posa della prima pietra a piazza Vanvitelli e che l’amministrazione de Magistris sta realizzando con l’intento ambizioso di trasformare le stazioni in "veri e propri musei di arte contemporanea". Un’idea idiota perché non tiene in alcun conto il fatto che chi scende sotto terra per usare questo veloce mezzo di trasporto lo fa solo per raggiungere il più rapidamente possibile le diverse zone della città. Brevissimi viaggi "underground" cui la fantasiosa penna di Jay McInerney di "Le mille luci di NY" ha dedicato pagine di sublime bellezza. Del resto, in tutto il mondo si è convinti che la sosta nelle stazioni deve essere la più breve possibile e la frequenza dei treni è finalizzata a renderla tale. Solo Stalin realizzò stazioni “artistiche” nella metropolitana di Mosca per esaltare le conquiste del comunismo. Ma fallendo clamorosamente l’obiettivo. La stazione del Museo l’ha progettata l’architetto milanese Gae Aulenti, scomparsa quale anno fa. E ha realizzato un “mostro”, che offende le severe membrature del Museo Nazionale e che è del tutto inutile visto che a ottanta metri di distanza c’è la stazione di piazza Cavour della vecchia metropolitana. Sarebbe bastata una fermata sotterranea collegata a quella esistente con un tapis roulant (che è stato poi realizzato) per renderla perfettamente fruibile. Tre orrende scatolette a un piano, intonacate e pittate in rosso pompeiano, coronate da una balaustrina in pietra come le case cantoniere degli anni '30, contengono i due squallidi ingressi- uscite cui nemmeno la Testa di Cavallo di Palazzo Carafa e la statua di Ercole Farnese riescono a conferire l'auspicata “connotazione artistica". I rivestimenti interni con pannelli di vetro stratificato color bianco, fissati alle pareti e ai soffitti con un numero straripante di chiodi di acciaio, evocano angosciose atmosfere da sale operatorie o da obitorio. Particolare degno di nota: due scatolette si incastrano in modo da creare un vicoletto ad angolo acuto, della dimensione giusta per diventare un orinatoio e un ricettacolo di monnezza. Un errore compositivo di sesquipedale gravità pari a quello di scrivere "ho andato”. Oppure “ho venuto”. Ogni tanto si torna a proporre la demolizione dei “mostri” di Ottieri a piazza Garibaldi, a piazza Mercato e a via Foria “per eliminare questi oltraggi alla bellezza della città”. Concordo pienamente. Ma cominciamo col demolire subito il “mostro” dell’Aulenti e di Bassolino. È un oltraggio al Museo Nazionale. Trovo sintomatico il fatto che, anticipando la mia sollecitazione, la tavola 29 di TuttoCittà continua a riportare i giardinetti di re Giuseppe del 1806. E non la stazione del metrò dell’Aulenti del 2002. Vorrà pur dire qualcosa.