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Dopo le parole, per il Sud l’oblio

Opinionista: 

È già finita. Durata lo spazio di una chiacchierata sotto l’ombrellone. La discussione sul Sud appare, di fatto,come l’ennesima boutade estiva. In fondo non c’è voluto molto per rimpiazzare la questione. Esaurita la farsa della direzione Pd, Renzi ha già stabilito le sue priorità al rientro da Ferragosto: la riforma del Senato, la legge elettorale, le trattative con la minoranza del suo partito e Fi, il completamento dell’occupazione della Rai, le unioni gay e la richiesta all’Europa di fare più deficit (cioè debito, come se non ne avessimo già abbastanza) per poter ridurre le tasse. Tutta roba urgente s’intende, tutte cose di cui si discute animatamente nei bar e sugli autobus. Perfino l’unica nota positiva, il taglio del fisco, fatto in questo modo rischia di rivelarsi un boomerang che ci tornerà violentemente indietro tra qualche anno. Comunque la si pensi, è un programma nel quale per il Meridione non c’è spazio alcuno. Inutile farsi illusioni. Il piano da 100 miliardi annunciato dal premier - recuperando gli eterni fondi europei non spesi - è una fesseria da Paese dei balocchi, tipo «dobbiamo sbloccare i progetti incagliati al Sud per far capire che la musica è cambiata». Invece la musica è sempre la stessa. Da messa funebre. Volete la prova? Palazzo Chigi promette ora di voler escludere dal patto di stabilità le risorse del cofinanziamento nazionale dei fondi Ue. Peccato che lo promise già ad aprile 2014, giusto in tempo per prendere i voti nel Mezzogiorno alle Europee. Risultati? Zero. Anzi, per la verità qualcosa è stato fatto: gettare alle ortiche l’occasione del semestre europeo di presidenza italiana e tagliare circa 11 miliardi di cofinanziamento tra nuova e vecchia programmazione. Spentasi l’eco del rapporto Svimez, il Meridione è tornato lì da dov’era riemerso: gli inferi di una ripresa che qui, esclusa la nicchia dell’export, resta una chimera. Per forza, il 75% delle aziende lavora per il mercato interno e se le famiglie al Sud non hanno soldi da spendere (una persona su tre è a rischio povertà), queste imprese chiudono. Occorrerebbe interrogarsi su come attirare investimenti privati, ridurre il divario degli interessi bancari, far funzionare una Pa che è il regno dell’inefficienza, tagliare le 38mila poltrone di nomina politica nelle società controllate dagli enti locali e risanare la giustizia. Ragionamenti, questi, troppo semplici per poter entrare nei programmi governativi. L’intermediazione politica continua ad assicurare - sia pure in misura ridotta rispetto al passato - soldi pubblici barattandoli con voti: qual è la proposta del Governo per porre fine a questa tragedia? Boh? Molto meglio parlare d’altro. Per esempio premiare le amministrazioni virtuose. Buona idea, ma oltre la metà dei Comuni in disavanzo si trova al Sud, e su 158 milioni di perdite complessive i soli enti campani, calabresi e siciliani ne hanno accumulati circa 100. L’esito sarà premiare i Comuni del Nord. Chiudete l’ombrellone, la chiacchierata è finita.