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Equilibrio del terrore e miopìa della politica

Opinionista: 

“Ci troviamo di fronte allo spettro della guerra nucleare perché la scienza, male indirizzata o priva di senso di responsabilità, la consegnato agli uomini politici e ai militari armi capaci di tali distruzioni da permettere loro di tenere in pugno il destino di ogni essere vivente sulla Terra”. Ho riletto nei giorni scorsi “La mia autobiografia” di Charles Chaplin e mi ha colpito l’allarme sul pericolo di una guerra nucleare che solo un genio poteva lanciare nel 1964. Quando la “guerra fredda” tra l’Occidente democratico e l’Europa comunista, dominata dall’Unione Sovietica, la rendeva poco probabile se non impossibile. L'ostacolo alla guerra tra il blocco sovietico e quello occidentale non fu tanto la paura che la parte avversa fosse più potente ma piuttosto la convinzione che l'eventuale vittoria di uno dei due avrebbe comunque prodotto la distruzione dei due blocchi e del resto del mondo. Perciò l'esistenza delle armi più potenti mai create finì con il favorire una forma di pace. Anche se molte guerre vennero combattute localmente durante gli anni della “cortina di ferro” (se ne combattono molte tuttora) le superpotenze non giunsero mai a combattersi direttamente, né altre bombe atomiche vennero sganciate dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Dopo i tentativi dell’Iran questo “equilibrio del terrore”, come venne chiamato, è stato rotto nei mesi scorsi dal dittatore comunista Kim Jong-un, “Guida Suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea” (questi comunisti oppressori della libertà ma col vezzo della democrazia…), che è riuscito a fare entrare la piccola Corea del Nord nel club delle nazioni in possesso dell’arma atomica. E minaccia di usarla contro l’America. Come accade dal 1950 anche il 4 marzo scorso sono stati eletti 630 deputati e 315 senatori, che con i 5 senatori a vita, costituiscono il Parlamento più affollato del mondo. A fronte degli americani che eleggono al Campidoglio di Washington 440 deputati e 100 senatori (appena dieci in più dei 90 consiglieri regionali siciliani che si dichiarano “deputati regionali” e si attribuiscono il titolo di “onorevole”). Ma questi parlamentari preferiscono occuparsi della politica nazionale e sono impegnati nelle promesse di migliorare la qualità della vita degli italiani con il reddito di cittadinanza, le auto elettriche, l’uscita dal petrolio, la riduzione delle tasse e del debito pubblico, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, minori vincoli europei e la revisione dell’euro, amministrazioni comunali più efficienti e con una politica in grado di gestire correttamente il fenomeno dei migranti. E con tante altre promesse sulla sanità, sulla scuola, sull’occupazione e sulla sicurezza. Ma non dicono una sola parola sul pericolo di una guerra nucleare convinti che di tratta di una questione personale tra il presidente americano e il dittatore nord coreano. Può aiutare a capire questo sconsiderato comportamento “La fattoria degli animali” di George Orwell, la famosa favola satirica sulle rivoluzioni che, andate al potere, tradiscono gli ideali di libertà, giustizia e uguaglianza. Con chiara allusione alla rivoluzione bolscevica. In questo Parlamento non ci sono i maiali della fattoria orwelliana che si impossessano del potere e si dichiarano “più uguali degli altri”. Ci sono però tanti pavoni, convinti di risolvere i problemi con la loro spocchia, moltissimi camaleonti, disposti come sempre a cambiare casacca, le solite volpi, pronte a trarre vantaggi dalla loro proverbiale furbizia, e i grilli parlanti, che sono la naturale evoluzione dei grillini penta stellati. Le Iene di Italia1 denunciarono che in ogni Parlamento ci sono sempre molti somari. Non so se fosse vero. Quel che è vero è che non c’erano e non ci sono cavalli di razza. Come quelli che dominavano il Parlamento della Prima Repubblica. Ciò nondimeno resta da auspicare che, in un sussulto di responsabilità, questi esemplari della fauna politica facciano propria l’angoscia di Chaplin. E impegnino l’Italia nella Nato, in Europa e all’Onu per la messa al bando degli arsenali atomici.