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Export: vento in poppa con l’auto targata Sud

Opinionista: 

Che le auto continuino a prodursi in Italia è interesse del Sud più ancora che del resto del Paese. È la conclusione cui si perviene andando a esaminare i motivi del piccolo exploit fatto registrare dalle esportazioni del Mezzogiorno continentale nel 2016. Il Sud, escluse le isole, ha incrementato le vendite all’estero dell’8,5%, contro l’1,2% della media nazionale. Per intenderci, l’export del Nord Ovest è rimasto agli stessi livelli del 2015, quello del Nord Est è cresciuto dell’1,8, al Centro ci si è spinti al 2,1, mentre insieme, Sicilia e Sardegna, hanno segnato il passo: -15%. Se, peraltro, si legge il dato del Sud con la lente d’ingrandimento, si vede subito la felice anomalia del riscontro lucano. La Basilicata, grazie alle vendite delle vetture sfornate a Melfi, ha incrementato l’export addirittura del 53,5%. Viva la Fca, dunque? Beh, quanto meno lunga vita e felici performance sudiste a Marchionne & C. Subito dopo, bisogna con sollievo riscontrare che le note positive non si fermano all’auto. C’è un farmaceutico meridionale - fatto di stabilimenti importanti di grandi holding con sede direzionale oltre confine - che sta viaggiando a ritmi serrati. In salute continua a essere l’agroalimentare, che contribuisce ai quasi tre punti di incremento delle esportazioni campane. Ci sono altri valori su cui edificare il nido dei sogni, sperando non si rivelino utopie. Nel Napoletano, ad esempio, c’è un autentico boom di imprese giovanili, giunte a quasi 35 mila unità. Ormai rappresentano il 6% del complesso delle imprese italiane guidate da giovani. Gli indizi di una rinascita ci sono, dunque. E, ad aumentare la fiducia in un ulteriore trend di sviluppo, vi è il pacchetto di misure, incentivanti per gli investimenti e per l’occupazione, attivato dal Governo con l’ultima legge di bilancio. Ma, al di là della congiuntura 2017, è importante acquisire consapevolezza che, come sottolineano da tempo esperti come l’economista Federico Pirro o il Direttore di Srm Massimo Deandreis, vi è un patrimonio produttivo del Sud tutt’altro che trascurabile, a onta della crisi e del divario col resto del Paese. Le preesistenze Fca rientrano in questo tesoro da difendere e, possibilmente, valorizzare ancora di più. Così come la farmaceutica, l’aerospazio, la cantieristica, il sistema moda e gli altri comparti del made in Italy. È partendo da questi pilastri che si può costruire il futuro, compreso quello 4.0. Non liquidandoli, come a volte si è fatto, come retaggi di un passato ancora lontano da venire.