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Giovani laureati, ovvero il capitale perso del Sud

Opinionista: 

Se l’economia della conoscenza si fonda sul capitale umano è su questo che bisogna investire. Il Sud, purtroppo, continua ad arrancare anche sotto tale profilo. Il raffronto, effettuabile sulla base delle ultime rilevazioni
è impietoso. Almalaurea ci informa che a un anno dal titolo lavora il 71,1% dei laureati di primo livello e il 73,9% di quelli ‘magistrali’. A cinque anni dalla laurea, per entrambe le tipologie si supera ampiamente l’87% dell’occupazione. La distanza tra laureati e diplomati è notevolissima. Il tasso di occupazione nella fascia di età tra i 20 e il 64 anni è del 78,3% tra i laureati, contro il 65,5% dei diplomati. La laurea, insomma, non è un pezzo di carta, ma facilita l’ingresso sul mercato del lavoro. E allora, direte? Cosa c’entra con il Mezzogiorno? C’entra, eccome. Innanzitutto perché quasi un giovane meridionale su quattro si laurea fuori regione. Si procede in direzione Sud-Nord, non accade l’inverso. Il dato più grave, tuttavia, sta nella sede del lavoro, più che in quella della formazione. Qui la fotografia riguarda la Campania, ed è offerta dal Rapporto Banca d’Italia presentato lunedì 11 giugno. In un decennio, dal 2006 al 2016, son andati via 54 mila laureati campani, in genere quelli con il voto medio più elevato. Il 21% dei laureati in Campania lavora fuori regione. L’investimento in formazione fatto da famiglie e istituzioni locali serve a creare ricchezza in altri territori. Perché succede? La risposta, in parte, è fornita dal dato sui Neet campani. I Neet, si sa, non studiano, non lavorano e nemmeno cercano di procurarselo. Vi saranno tra loro anche bamboccioni, pigri e scansafatiche, ma probabilmente il vero motivo di questa resa sta nella scarsa offerta di opportunità proveniente dal territorio. In altri termini: se sei un’eccellenza emigri, se ti limiti a cavartela resti a casa, fortunatamente quasi sempre con una rete familiare che consente ancora di assisterti. Dobbiamo invertire questa tendenza, promuovendo a tutti i livelli la nascita e il consolidamento di imprese in grado di creare lavoro e sviluppo. Non a caso, mentre al Nord si sono già ampiamente recuperati i livelli di occupazione pre crisi, il saldo del Sud è deficitario ancora per oltre trecentomila unità. In Campania, del 15% di pil perso tra 2008 e 2013, si sono recuperati poco più di 5 punti percentuali. Negli ultimi tempi, quanto meno, si è accelerato il passo. Abbiamo il dovere, a ogni livello di responsabilità istituzionale e sociale, di fare il possibile per consolidare e rafforzare questa tendenza.