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Il buon senso viene da Oriente

Opinionista: 

Qualcosa di nuovo sta accadendo in Siria. Le novità, che finora erano sotto traccia, sono emerse in quest’ultima settimana come le bollicine nel ragù che comincia a pippià’. Heri dicebamus della necessità di operare nei paesi d’origine del grande esodo, attuando, fra l’altro, una politica militare dettata dal buon senso. Era troppo chiederlo all’abbronzato premio Nobel per la pace, che solo adesso sembra accorgersi di aver sbagliato a far fuori Gheddafi senza pensare a un sostituto. Non parliamo di Hollande, che dopo mesi di annunzi ha cominciato a mandare i caccia di Marianna in Siria per missioni che non saranno più efficaci di quelle Usa, sospettate (queste ultime) persino di paracadutare armi ai tagliagole del califfato. Ci ha pensato invece Putin che, diversamente dal suo collega-avversario occidentale, ha dispiegato in Siria esercito, marina e aviazione. Egli ha, poi, stretto un’alleanza con Iran, Iraq e Siria; si è parlato anche dell’arrivo dei cinesi, che al momento sembra essere una bufala, ma non è escluso per un prossimo futuro. Ci sono due grosse differenze fra Putin e Obama. La prima è che Putin ha un piano per sconfiggere l’Isis, Obama non ce l’ha. La seconda è che Putin sa quel che vuole per la futura Siria (vuole, e non ne fa mistero, che rimanga al potere il suo amico Assad con la fazione alawita); Obama (e con lui fortissimamente Hollande) vuole cacciare Assad, ma non ha idee precise sul dopo (forse vuole sostenere quelli della primavera araba, i quali però sono in buona parte passati armi (americane) e bagagli al nemico (?) califfato). Dopo il confronto nell’aula assembleare dell’Onu, vinto dal russo, i due leader si sono incontrati a colazione e sembrano avviarsi a un compromesso. Obama ha lasciato Hollande solo a pretendere che Assad vada via subito e Putin ha proposto una conferenza di pace cui inviterebbe anche Usa, Egitto e Turchia. Renzi non è stato interpellato da nessuno: ha comunque provato, da buon Petrusiniéllo, ad introdursi nella menèsta che comincia a cuocere e, una volta tanto, ha detto qualcosa di sensato. Egli ha escluso che l’Italia possa partecipare ai raid sulla Siria e ha denunziato i rischi di una soluzione alla libica. Si è, così, differenziato dal nostro bel Giggino, che di sensato non è mai riuscito a dire nulla. La Mogherini, al contrario, si è sforzata di competere con il nostro amatissimo sindaco, dichiarando che “È molto difficile, se non impossibile, immaginare una transizione con Assad al potere”. La grande diplomatica prestata dall’Italia all’Europa non è, però, stata capace di far invitare il suo paese al summit europeo sull’argomento, cui parteciperanno Francia, Germania e Gran Bretagna. La posizione neutralista dell’Italia non ha evitato l’uccisione, in Bangladesh, di Cesare Tavella, veterinario italiano cinquantunenne che lavorava per un’agenzia internazionale di aiuti: “Ucciso un crociato”, recita l’Isis nel comunicato che rivendica l’omicidio. L’Italia è stata accusata dai libici di aver posto in essere l’altro episodio da guerra asimmetrica verificatosi in settimana. Il boss degli scafisti libici (forse tale Salah al-Mashkouti, forse un fratello di costui) è stato ucciso a Tripoli, insieme alle sue otto guardie del corpo, da quattro uomini armati di pistole calibro 9. L’Italia, con concordi dichiarazioni rese a tutti i livelli, si è tirata fuori. Io sono propenso a crederci, poiché un’impresa così lodevole non può essere opera nostra. Più probabile che siano stati gli americani, sempre che non si tratti di un regolamento di conti. C’è stato persino chi ha insinuato che gli italiani c’entrino sì, ma non quelli delle istituzioni, bensì quelli della criminalità organizzata, intenzionata a sottrarre alla mafia libica l’affare più proficuo che ci sia al momento. Vogliamo scherzarci sopra? Diciamo allora che sarebbe una buona cosa, poiché consentirebbe alla mafia e alla camorra di fare molti quattrini ed investirli in attività produttive, creando fatturato e posti di lavoro. Sempre che, valutate attentamente le politiche del nostro governo, non preferiscano investire altrove, al grido di “Ccà nisciuno è fesso!”.