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Il Colle s’è stufato Lega e Fi decidano

Opinionista: 

Ma dov’è il centrodestra? Mattarella ha perso la pazienza. E ha ragione. Lo spettacolo ridicolo andato in onda giovedì al Colle, con la presunta unità della coalizione finita in frantumi davanti a tutti, è stato desolante. L’intesa M5S-Lega per il Governo - più solida che mai - è tornata in alto mare nel giro di pochi secondi. La frattura tra Fi e Carroccio, infatti, è una divaricazione strategica, non tattica. Sia chiaro: se siamo diventati un Paese che pullula di demagoghi, la gran parte della colpa è proprio del centrodestra. Sì, perché se il 4 marzo gli italiani avessero avuto la possibilità di scegliere una vera opzione di governo, e non la finta e litigiosa aggregazione messa in piedi da Berlusconi, Salvini e Meloni, potete scommettere che quell’alternativa avrebbe avuto i numeri per governare. Anche in presenza d’una legge elettorale indecente come l’attuale. Certo, il M5S avrebbe conquistato comunque moltissimi consensi, ma la faccenda sarebbe stata ricondotta nelle sue dimensioni naturali: una lotta per i voti a sinistra, con incursioni in una parte minoritaria dell’elettorato di destra (quello più anticapitalista). I disegni di Berlusconi e Salvini, però, erano diversi. Il Cav voleva governare col Pd, il secondo sperava che il primo ci riuscisse per piazzarsi all’opposizione e svuotare Fi. Una sola cosa escludevano entrambi: governare assieme. Salvo, ovviamente, dichiarare il contrario. I risultati li avete visti. Anche dopo il voto, i leader del centrodestra hanno dimostrato di non aver imparato la lezione, continuando a marciare divisi fingendo di restare uniti. Che succederebbe se Di Maio rinunciasse a fare il premier e chiedesse alla Lega di formare un Esecutivo? È una domanda che riguarda la sostanza politica che è in ballo. Perché al di là di quando nascerà il Governo, il centrodestra ha due grossi problemi. Uno: prima di prendere ciò che resta dei voti berlusconiani, la Lega deve imparare a rappresentare tutta la coalizione, cosa che non riuscirà a fare se continuerà a sostenere che il suo programma e quello dei grillini sono simili, praticamente quasi uguali. Salvini sta sottovalutando un dato: nessuno dei suoi elettori lo ha votato perché governasse con Di Maio. Checché se ne dica, Lega e M5S sono concorrenziali, non complementari. Due: Fi non può continuare a presentarsi come l’ala destra d’uno schieramento moderato di cui il Pd rappresenterebbe l’ala sinistra. Se gli azzurri non sono più alternativi alla sinistra, infatti, allora il loro posto non è più nel centrodestra, ma in un fantapartito, dove si ritroverebbero assieme Berlusconi e Renzi, Letta e Lotti, la Boschi e la Pascale, Confalonieri e Bonifazi. I generali sarebbero tanti, i soldati pochi. Insomma, gira e rigira si torna al punto di partenza, quello che ha già impedito a Lega, Fi e FdI di avere una maggioranza autosufficiente: il centrodestra non esiste più come entità politica perché non ha un’identità comune. Manca, cioè, quell’alleanza popolari-sovranisti che da queste colonne avevamo più volte invocato come condizione per unire sul serio la coalizione, evitando così di gettare il Paese nel caos di un voto al buio. Cosa che è puntualmente accaduta. Ora non è più tempo di giochetti. Mattarella lo ha detto chiaro. La crisi siriana e i veti sembrano aprire la strada a un mandato esplorativo al presidente del Senato, Casellati. Nascerà un governicchio, poco importa se istituzionale o targato M5S-Lega con l’appoggio esterno o l’astensione di Fi. Salvini e Berlusconi facciano nascere il Governo e poi scelgano: rilasciare il certificato di morte del centrodestra o provare a ricostruirlo, dimostrando capacità di leadership e visione del futuro. Il tempo sta scadendo.