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Il mercato della casa e l’uso del territorio

Opinionista: 

Napoli registra in un anno una perdita secca di circa tremila abitanti e di media duemila napoletani abbandonano ogni anno la città per altre dove la qualità della vita è più umana, sicura e civile o per assicurarsi un futuro lavorativo. Ed oggi, nonostante un notevole incremento di stranieri, Napoli è al di sotto del milione di residenti. Una causa è inoltre determinata dall'immobilismo con uno sviluppo disordinato ed ingessato nei suoi atavici progetti che tali restano senza alcun passo avanti. Non ci spaventa l'abbandono dalla città dei residenti a condizione che si proceda a lanciare un piano credibile anche pluriennale per assicurare a tutti i napoletani un alloggio adeguato, civile, alloggi ubicati razionalmente nell'ambito metropolitano e non certo nell'antica cinta daziaria. Che senso avrebbe se non fosse così? La città capoluogo va decompressa e senza creare e realizzare progetti si utilizzino le aree disponibile nell’ambito metropolitano in zone senza preoccupazioni di eventi vulcanici suddividendo ogni area ad una percentuale destinata alla edilizia privata, un'altra alle cooperative ed una terza all’edilizia pubblica. Che senso ha voler destinare buona parte dell'area ad Est della città di Napoli ai privati quando quell'area andrebbe destinata ad attività produttive pulite ed a servizio dell'attività portuali dando così anche una mano alla soluzione dei problemi occupazionali? Il miglioramento del sistema abitativo significa anche concorrere alla formazione del sistema economico sotto il profilo della crescita e dell'avanzamento sociale. Se la casa è un bisogno primario dell'uomo è dato speculare sui bisogni e lasciare l'iniziativa solo al libero mercato dove la casa assume il valore di un bene e segue la logica mercantile della domanda e dell'offerta? E qui si pone un'altra domanda quale peso assumono le correlazioni tra il mercato della casa e l'uso del territorio? A questi interrogativi avremo la risposta che ci ha dato la storia dell'urbanesimo sulla crescita edilizia indiscriminata, sulla formazione dei grandi suburbi periferici, sull'aggressione al paesaggio, sulla degradazione dell'ambiente naturale e sui caratteri negativi dei comportamenti di massa. La casa dunque deve essere considerata come un servizio primario. Ed è evidente che non si può mantenere immutata la base di un sistema ed eliminare le sue distorsioni e gli effetti negativi. Nè possiamo nascondere a noi stessi che le carenze di abitazioni quantitative e qualitative derivano dal meccanismo di mercato dominale in questo settore. Dobbiamo pure ammettere che carenza delle abitazioni e disoccupazione sono legate così come sono legate disoccupazione e razionalizzazione capitalistica dell'apparato industriale e crisi economica, come legate sono crisi economica e lotta per il controllo delle risorse. A questo punto va precisato che occorre assicurare la separazione fra la proprietà fondiarie e il diritto a costruire, non certo risolto con la concessione edilizia perché non intacca il mercato ed i suoi comportamenti. Per fare ciò occorre una riorganizzazione degli istituti preposti a valenza regionale prevedendo anche il riscatto da parte degli assegnatari,programmi organici di edilizia residenziale pluriennali,criteri rigidi di assegnazione e finanziamenti a carico di Stato e Regioni oltre le banche.