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Il peggio deve ancora venire

Opinionista: 

Secondo l’italica legge del “fatto compiuto” – articolo quinto, chi tiene in mano ha vinto – è chiaro ormai quanto per ogni campano sarebbe meglio che Vincenzo De Luca prendesse il suo Posto a Palazzo Santa Lucia. Piuttosto che soluzioni arrangiate, la cui esecuzione sarebbe affidata ad improbabili sostituti privi di legittimazione ed autorità, è evidente che il potere è potere, ha bisogno d’essere saldamente esercitato e richiede pienezza di funzioni. Questa è una regola basilare della politica e quando viene violata si verificano generalmente gravi inconvenienti. Pensare poi ad una gestione senza effettiva guida – o, meglio, con molte oscure, guide – alla Regione Campania, significa mirare al caos in un luogo per eccellenza eslege, confusionario e burocraticamente anarchico. E però ora il pasticcio è fatto e non mancherà di produrre i suoi effetti. Il Presidente del Consiglio ha testualmente escluso la legge ad pesonam: vale a dire che non farà il ventilato decreto legge che “per il giorno dopo l’elezione”, il Presidente in fieri della giunta regionale aveva dato per scontato durante la campagna elettorale. Vuoi che il Premier si sia rimangiato la promessa fatta con troppa leggerezza a De Luca, vuoi che quella promessa era stata solo millantata, sembra sicuro che il decreto legge non ci sarà. Ed è qui che comincia l’inquinamento e la politica sotterranea. Quale sua prima proposta politica di rilievo, il nuovo Presidente dimezzato ha indicato una bella legge di sanatoria dell’edilizia abusiva, stimata in Campania per circa 80.000 unità abitative. Non male, per chi si candida a fare della (Regione) Campania una casa di vetro, proporre – e non attuare, per il momento – un sonante maxicondono edilizio: non che la cosa sia errata sul piano della realpolitik, ma certo non proprio un bel biglietto da visita. E soprattutto un annuncio del genere avrà come effetto sociologicamente ben noto, un’esplosione della già cospicua attività edilizia abusiva, con effetti non certo vantaggiosi per un territorio i cui abitanti non si sono mai distinti nel preservarlo. Queste cose De Luca ben le conosce, da attentissimo amministratore. Ma la dichiarazione (abbastanza inconcludente) l’ha fatta egualmente. Perché? È facile dirlo: per accrescere il consenso intorno alla sua persona ed allargare la base politica disposta ad appoggiarlo per assumere la carica. E c’è da credere che questo avverrà. Questo il primo frutto avvelenato (non poco, per il territorio) dell’irresponsabile candidatura d’un soggetto che non può ricoprire l’ufficio pubblico per il quale ha concorso con successo. Ma non è che il primo. Perché è evidente che il peggio deve ancora venire, se un buon giudice non risolverà il problema, sistemandolo d’urgenza sullo scranno più alto della Regione (ed anche in questo caso le incertezze non finiranno). È chiaro, infatti, che De Luca già nasce dimezzato, se è vero com’è vero che deve andare alla ricerca d’appoggi nel momento in cui un uomo politico è solitamente più forte, all’indomani cioè della sua elezione. Già Renzi lo ha chiaramente in pugno e sembrerebbe volergli imporre la scelta del vicepresidente: che poi sarebbe quello che dovrebbe al suo posto governare. Ma quand’anche questa scelta dovesse essere fatta da De Luca in persona, immaginate quali e quante deviazioni si verificherebbero nel tempo, quando a svolgere i compiti di direzione politica della Regione fosse un soggetto diverso da quello politicamente legittimato? Tutte quelle deviazioni che si hanno allorché la realtà non corrisponde alla sua rappresentazione: tensioni infinite, interferenze continue, sbandamenti dovuti a pressioni, aspirazioni del delfino, repressioni del monarca spodestato, terze persone che s’inframmetteranno, approfittando dell’incertezza. Cose note alla storia del potere. Senza contare che De Luca già oggi dipende, oltre che da tutto ciò, da un manipolo di legali che l’hanno in pugno e dunque la sua autorità è palesemente dimezzata perché non ha più la sua base politica, bensì fonda su incertezza giuridica. Insomma, un gran pasticcio. C’è da sperare che un giudice sposi la tesi dell’incostituzionalità, fondando sulla ben nota elasticità del giure costituzionale. In modo che – degna vicenda italiana – sia pur sgangheratamente, grazie a cavilli e sottoposta a tante condizioni l’era De Luca possa finalmente partire. Con quali prospettive, chissà. Ma almeno qualcosa s’avvierà.