Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

L’ombra di Renzi sul voto regionale

Opinionista: 

Nel cuore di una campagna regionale senza troppi acuti, giocata dai media più sulle candidature che sui reali temi di governo, tiene ancora prepotentemente banco la politica nazionale, il renzismo, il cesarismo, l’ala minoritaria dei demnel Partito democratico. Stupisce come il dibattito pubblico del Paese viva, ormai, soprattutto all’interno del Partito democratico, una creatura proteiforme che, a questo punto, sembra aver dentro di tutto. Tanto la maggioranza quanto l’opposizione. Sulla scuola è andato in onda l’ennesimo scontro parlamentare. Le formazioni che, in questi casi, scendono in campo, si conoscono fin troppo bene. Da una parte i Sindacati, con il corredo dell’area dem e dei 5 Stelle, dall’altra il premier che, sulla carta, annuncia la sua voglia di discutere, di approfondire, per carità, non ci sono steccati pregiudiziali, tutt’altro. Ma che, alla fine, procede tranquillamente sulla sua strada, infischiandosene di chiunque voglia porre ostacoli di qualsiasi tipo. Una storia già vista tante volte che, probabilmente, avrà ulteriori repliche in questa legislatura. La realtà è che Renzi procede sulla sua strada perché non cerca l’intermediazione con altri gruppi di potere ma preferisce aggredirli, giocarci attorno, fingendo di avanzare col passo del gambero, mettendo poi puntualmente a segno i suoi obiettivi. La crisi del Paese è così profonda che ogni iniziativa pare, al momento, giustificabile. Ecco, quindi, l’aggressività parlamentare, o voti o te ne torni a casa, la minaccia delle urne agitata come una scimitarra nell’aria di Montecitorio. Siamo giovani, siamo forti, siamo la maggioranza nel Pd e nel Paese, abbiamo anche la modesta convinzione di essere bravi, lasciateci lavorare. Queste le parole d’ordine del Giglio magico. Messa così la posizione della minoranza del Pd, prima o poi, rischia di esplodere. Più volte, su questa stesse colonne, abbiamo ripetuto che esiste, indiscutibilmente, nel Paese uno spazio alla sinistra del Pd, uno spazio per una sinistra dura e pura, fedele al suo storico dna, che potrebbe aggirarsi intorno al 10 %. Ma al di là di Civati e dell’isolato strappo di Cofferati, finora, si è visto poco o niente. Gente pronta ad attaccare su tutto, capace di annunciare che, su questa strada, il domani è fuori dal Pd, resta tranquillamente nel gruppo, fa un passo avanti e due indietro. Non mi sembra tempo di capitani coraggiosi. Chi conserva un pizzico di ideologia non deve aver paura di perdere il proprio seggio parlamentare. Deve aver coraggio, andare avanti, accettare la sfida del mare aperto. Perché un porto più tranquillo può offrire sicuramente spazio anche ad una rapida rottamazione politica. Invece, eccoci qui, ogni giorno, ad assistere a questo minuetto confuso. Sulla legge elettorale, sulla scuola, sui soldi da restituire ai pensionati, su ogni e qualsiasi tema mentre la gente, disorientata, rischia di allontanarsi ulteriormente dalle urne, sfogando, in questo modo, la sua rabbia e il suo dissenso.