Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

La “nuova” Consulta deve essere rifatta

Opinionista: 

In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia è arrivato in omaggio a milioni di italiani il libretto rosso formato 12x18 della Costituzione della Repubblica Italiana, firmata il 27 dicembre 1947 da Enrico De Nicola, Umberto Terracini, Alcide De Gasperi e Giuseppe Grassi, ministro della Giustizia. Una Costituzione abbastanza diversa da quella in vigore. Per quanto riguarda la Corte Costituzionale l’art. 135 prevedeva la sua durata in quindici anni, ridotti poi a nove. Ma è rimasto immutato l’art. 134 sul numero di quindici dei suoi componenti e sulle sue funzioni. In primis, quella di “giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni”. Un compito ispirato evidentemente alla Costituzione napoletana del 1799, redatta da Mario Pagano, che prevedeva un controllo di costituzionalità delle leggi. Un compito che rende l’Italia un paese “a sovranità limitata”. Siamo in molti a ritenere che il Parlamento italiano, formato da 630 deputati e da 315 senatori eletti dal popolo sovrano in libere elezioni democratiche, da cinque personalità della cultura, della scienza e dell’arte nominati senatori a vita e, infine, dagli ex presidenti della Repubblica, un consesso simile è in grado di emanare leggi pienamente rispettose dei principi costituzionali. E quando non lo sono per una qualsiasi ragione è il Presidente della Repubblica che lo rileva, non le firma e le rimanda alle Camere. Siamo convinti che i giudici della Consulta debbano giudicare solamente sui “conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e sulla accuse al presidente della Repubblica e ai Ministri”. Basta citare alcuni episodi per dimostrare la necessità di sottrarre alla Consulta le competenze sulla legittimità costituzionale delle leggi. 1) Convinti che la vittoria di Berlusconi alle elezioni del 1994 fosse dovuta alla sue televisioni le Sinistre inopinatamente sconfitte (non se l’immaginavano) promossero un referendum per sapere dal popolo sovrano se fosse giusto che un privato cittadino possedesse tre reti televisive. E il 12 giugno 1995 la maggioranza degli italiani risposero sì. Un responso che non piacque alla Consulta che si affrettò a sentenziare che una delle tre reti di Berlusconi, Rete 4, dovesse andare sul satellite. Il che poi non accadde per un insieme di ragioni. Ma resta la inaudita prevaricazione della sovranità popolare. 2) Rifacendosi alle leggi europee il Parlamento approvò la legge n° 140 del 20 giugno 2003, nota come Lodo Schifani, e cinque anni dopo approvò la legge n. 124 del 23 luglio 2008, nota lodo Alfano, che sospendevano le vicende giudiziarie del presidente del Consiglio e dei ministri per essere riprese alla cessazione dalle cariche. Ma la Consulta le bocciò tutt’e due perché, secondo gli Alti Giudici, violavano l’art. 3 della Costituzione sulla uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. In Spagna, il giudice Baltazar Garzòn aprì nel 2002 un’inchiesta su Telecinco, contestando a Silvio Berlusconi i reati di evasione fiscale e violazione della legge Antitrust. Ma, essendo l’imputato premier, il procedimento venne sospeso per essere ripreso nel 2006. E per concludersi con l’assoluzione piena. In Francia i procedimenti a carico del presidente Jacques Chirac vennero sospesi e ripresero solo dopo la sua uscita dall’Eliseo. 3) Nel 2005 il Parlamento approvò la legge n. 270 del 21 dicembre 2005 che assegnava un premio alla coalizione che avesse ottenuto la maggioranza dei voti. Venne definita Porcellum perché non fissava la percentuale minima che dava diritto al premio e aboliva i voti di preferenza. Ma la Consulta si accorse della sua presunta incostituzionalità solo il 16 gennaio 2014 dopo che con questa legge l’Ulivo di Romano Prodi aveva vinto le elezioni del 2006, il PdL di Silvio Berlusconi quelle del 2008 e il Pd di Pier Luigi Bersani quelle del febbraio 2013. Rebus sic stantibus la “nuova” Consulta non deve più occuparsi della costituzionalità delle leggi. Bisogna ridare al Parlamento e al Presidente della Repubblica la loro piena sovranità.