La politica è finita con Tangentopoli
Il direttore ed i miei fedeli sette lettori, in calando, mi consentiranno di non parlare per un tempo lungo degli accadimenti che riguardano il risultato delle recenti elezioni. Nell’orgia di commenti, previsioni, analisi, suggestioni non si sentirà la mancanza della mia voce, modesta in verità. E comunque mi rifiuto di “calarmi” in questo ambiente complessivo, intendo quello degli eletti, ma anche quello degli elettori, che hanno determinato, democraticamente e liberamente, questo risultato. Non ribadirò quanto nel tempo sono andato affermando: la politica, intesa come ideale, valore, disegno, a volte anche alternativo, del progetto di società, di collocazione internazionale, di rapporti fra le classi sociali, di condizione delle persone, è finita con la distruzione della “democrazia dei partiti”. Avvenuta con Tangentopoli: uno scontro fra poteri, senza regole, con la netta prevalenza del potere giudiziario, che applicò in maniera straordinaria, molto straordinaria, le leggi ordinarie, di cui al “tintinnar di manette”, come denunciò addirittura Oscar Luigi Scalfaro, allora Presidente della Repubblica. Con una responsabilità politica precisa: il Pds, nato dalle ceneri del Pci e dalle lacrime della Bolognina, cavalcò quell’onda, privilegiando la via giudiziaria alla politica rispetto a quella democratica. E la nemesi si è abbattuta su di loro e sui loro “discendenti”, fino alla ingloriosa conclusione della parabola di Massimo D’Alema, come per altri versi anche di Antonio Bassolino, gli ultimi epigoni di quella che fu la “gioiosa macchina da guerra”, secondo il verbo di Achille Occhetto. E così sia. Senza nostalgia, con rispetto di quanto ha prodotto il voto degli italiani. LA METEORA RENZI. Intanto, un’altra parabola si chiude: quella di Matteo Renzi. Una meteora, che, salvo strascichi tattici, lascerà poca memoria nella storia politica italiana. E sarà ricordato più per le sue sconfitte rovinose che non per le sue intuizioni, che pure sembravano feconde. Ma, a differenza di Macron, cui pure viene avvicinato, anche se lui era partito ben prima con la Leopolda, ha fatto un errore che si è dimostrato letale: ha voluto mantenere in piedi le mura, l’involucro del Pd, per svuotarlo dei suoi personaggi-simbolo, come D’Alema-Bersani-Letta, e di alcuni tratti identitari per un partito di sinistra, come l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Pensava che bastasse questo, unito al suo… carattere, per lucrare sia la rendita di posizione, che la “ditta” comunque assicurava, che dare segnali forti di rinnovamento. Non è bastato e le mura con le loro incrostazioni antiche, soprattutto al Sud, di clientele, di risse fra “bande”, di potere gestionale, gli sono crollati addosso e lo hanno “seppellito”. Altro percorso ha fatto Macron. Anche lui poteva “impossessarsi” del Partito socialista. Ministro brillante del governo di un Francois Hollande al tramonto, bastava un niente per prenderne il posto e… continuare. Ha preferito rischiare in proprio. È uscito dal Governo e si è messo “En Marche” da solo, senza il peso di mura antiche, ormai cadenti. Ha selezionato una nuova classe dirigente di donne ed uomini di valore, non solo fedeli, e, aiutato da quel sistema elettorale, è diventato “padrone” democratico della Francia. Protagonista di una nuova Europa, facilitato qui dalla parabola discendente di Angela Merkel. Se Renzi avesse lanciato la sfida costituendo il Partito della… Leopolda, forse l’esito sarebbe stato diverso. Per lui e per l’Italia. Ma serviva coraggio, non solo spavalderia e… sicumera. ADDIO A NECCO. Aggiungo ai tanti un ricordo personale del carissimo Luigi Necco. Nella sua ecletticità, volle prendere per sé la responsabilità di seguire una delle manifestazioni per Luchino Visconti. Quella del 1990, sempre “pensata” da Maurizio Scaparro. Il tema: Visconti e la Musica. Era l’anno in cui ebbi l’onore di essere Sindaco di Forio. Vennero i grandi che avevano attraversato la rivoluzionaria esperienza di Luchino Visconti, che “rinnovò” il mondo, un poco ammuffito, della Musica Lirica. Da Franco Zeffirelli a Giancarlo Menotti, l’inventore del festival dei Due Mondi a Spoleto, da Giulietta Simionato a Suso Cecchi D’Amico. Con ospiti d’eccezione come i compianti Carlo Ripa di Meana e la sua Marina, amici carissimi. Un parterre di alto profilo, un clima festoso e consapevole, che Luigi seppe animare con le sue interviste argute ed estroverse, che condensò in un servizio ampio, poi trasmesso dalla Rai. Come non ricordare una serata davvero “magica” a casa nostra!? C’erano a cena Suso Cecchi D’Amico con sua figlia Caterina, Giancarlo Menotti, Maurizio Scaparro ed una splendente Giulietta Simionato. E Luigi, con il fido e bravissimo Enrico Deuringer, a registrare quello che considero un evento straordinario: mai, probabilmente, sotto lo stesso “tetto”, in una serata solo familiare, si sono trovati tanti autentici “Mostri Sacri” della cultura. Quando ci incontravamo il ricordo di quella serata era uno degli argomenti che rievocavamo con la gioia di averlo vissuto. Nel segno della Cultura e di Luchino Visconti. Grazie, Luigi, hai meritato tutti i riconoscimenti di questi giorni ed ora ci lega anche una bellissima tenerezza: ho scoperto che la tua adorata nipote Martina è la migliore amica della mia nipote Marta. Così la vita continua nel segno di un ricordo indelebile e di un rapporto che si perpetua con le nostre nipoti.