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La Valente, l’intervista e la gerarchia d’interessi

Opinionista: 

Nella sua intervista d’esordio al Corriere del Mezzogiorno da quando è stata candidata alle primarie per il Pd nell’elezione alla carica di sindaco di Napoli, Valeria Valente, dopo aver iniziato con il fornirci puntuali indicazioni sulle proprie preferenze cromatiche – che vanno al fucsia, perché “forte e deciso”, come testualmente motivato – ha preso in esame i seguenti argomenti d'elevato interesse politico. S'è anzitutto soffermata su d'una presunta caduta di tono del suo rivale e fino all'altrieri maestro, Antonio Bassolino, al quale non ha mancato di rimproverare, da ormai maestra a sua volta, di far della politica, ahinoi, fatto personale: acuta osservazione rafforzata, nel corso della sua prima convention, anche con l'originale metafora dell'albero che dalle sue radici trae alimento per crescere e mutando chioma s'estende; ha poi ricordato che il partito ha voglia di tornare al centro dei giochi politici cittadini; ci ha quindi messo a giorno del suo giudizio, senz'appello negativo, sull'azione di governo dell'uscente sindaco, Luigi de Magistris; ha poi azzardato una lungimirante previsione sull'affluenza alle primarie; non ha nemmeno mancato di concedersi una languida retrospettiva sulle precedenti primarie del Pd, quelle dei pretesi brogli, vinte da Andrea Cozzolino; e poi, sì, ha confessato d'essere anche lei una madre, con le sue paure, i suoi disagi, la preoccupazione di vivere in questa (disgraziata) città; e non di meno già s'immagina, vittoriosa, di governare nientedimeno che per dieci, lunghi anni. Ha tenuto a dire, segno di sensibilità, che lei è interessata al dialogo con gli elettori, non a questioni che possono riguardare solo il ceto politico. Già, gli elettori. Nel leggere quell'intervista gentilmente concessa dalla candidata per avvezzarci al suo pensar politico, non credevo ai miei occhi. Avevo, per vero, nutrito dei dubbi sulla scelta dell'onorevole Valente quale candidata ad amministrare una città con l'intrico quasi indissolubile di problemi come Napoli. Dubbi, non penso privi d'una qualche ragione, se solo si pensi che la deputata democratica non è punto una novizia nel regno della politica ma, oltre ad essere parlamentare in carica, ha ricoperto uffici non trascurabili nel partito e nell'istituzione comunale. Insomma è soggetto che ha disposto di più d'una tribuna per dir la sua. Epperò, non mi par di ricordare che il suo contributo alla costruzione della proposta politica o amministrativa sia stato, non dico memorabile, perché i memorabilia non son più della nostra precipitevole era, ma almeno percepibile, questo sì, sarebbe stato d'attendersi nella scelta del candidato a sindaco della terza città d'Italia, la prima indubbiamente per il groviglio di problemi che presenterà a chi sarà il fortunato eletto. Ora, una qualche spiegazione penso di potermela dare. Ho la vaga impressione che l'onorevole Valente, che pare si dichiari avvocato amministrativista, lo stesso mio mestiere, dev'essere uno di quegli animali che della politica hanno una visione affatto autoreferenziale, tutt'interna ai giuochi di palazzo, o di partito, dove si ritiene tutto si possa risolvere in una gestione di alleanze, conventicole, relazioni di potere o di qualcosa che di esso abbia sembianza. L'amministrazione, il cuore aspro della funzione per la quale ci si candida, si presenta come una sorta d'interesse incidentale – tanto per usare lessico da avvocato amministrativista – che sta lì e della quale ci si dovrà pure occupare, ma sempre con lo sguardo rivolto al proprio mondo, a quello degli amici e dei nemici, che si sfidano e si tradiscono nei retroscena, dove il pubblico potere è in ragione di quegli interessi e dell'influenza che consente su di essi di dispiegare, non del benessere collettivo e della vita dei cittadini. Spero di sbagliare, perché una sola intervista non vuol dir tutto: epperò, abituato da storico a ricercare gli indizi delle mentalità, non posso non vedere che una certa gerarchia d'interessi traspaia inesorabilmente nell'ordine degli argomenti trattati dalla candidata. Non una parola sui problemi della città, ogni attenzione a questioni di camarille, asti personali, amicizie perdute o guadagnate, tutto rigorosamente interno al mondo politico, meglio, degli apparati di partito. Non è un bell'inizio, il che non vuol dire che sia anche una brutta fine: vuol dire, però, che le scelte sono prese, lì dove si puote ciò che si vuole, guardando più al proprio ombelico che al contesto dove si opera. E questo non è di buon presagio.