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L’attacco dei mercati e le colpe di Renzi

Opinionista: 

La sceneggiata è finita. Per favore, qualcuno glielo dica. Renzi sta giocando col fuoco. Solo che a rischiare di andare in fumo sono i soldi degli italiani. Sui mercati è stata una settimana durissima. Nelle stesse ore in cui le nostre banche venivano bombardate, con tempismo fantozziano il premier annunciava urbi et orbi che «per la prima volta abbiamo eliminato il problema dei crediti non performanti di Mps» e che «insomma, siamo al termine di questa vicenda». Invece è solo l’inizio. Da quando lui ha preso il comando delle operazioni a palazzo Chigi, i nostri istituti hanno inanellato una serie incredibile di sciagure. A Piazza Affari hanno perso il 60% nell’ultimo anno, -40% negli ultimi 6 mesi. Un crollo figlio dell’inettitudine di chi ha messo in campo soluzioni che, invece di rassicurare risparmiatori e investitori, hanno diffuso il panico. Da queste colonne avevamo segnalato tutti i rischi di un contagio dalle parti malate a quelle sane del sistema come esito di un “salvataggio” - quello di Mps - che mostra la corda prima ancora di iniziare. Con queste premesse, c’eravamo chiesti che cosa sarebbe accaduto se il terremoto con epicentro la banca rossa si fosse esteso. Eravamo stati facili profeti: basta guardare cos’è accaduto in Borsa negli ultimi giorni. Delle responsabilità di certi banchieri abbiamo detto più volte, ma quelle dell’Esecutivo sono evidenti. Mps a parte, fino a 8-9 mesi fa una ricapitalizzazione delle nostre banche non sarebbe stata impossibile, ma l’operazione fatta dal Governo a novembre 2015 con i 4 istituti “risolti” ha allarmato tutti. La volontà di cedere le sofferenze Mps con rischi troppo elevati per i partecipanti al salvataggio e l’incertezza sulla struttura stessa della cartolarizzazione hanno fatto il resto. Ma la necessità di proteggere l’istituto “caro” al Pd è stata più forte di qualsiasi altra ragione. Un quadro in cui la speculazione ribassista - mai messa in discussione da un Governo che si guarda bene dal porre il tema di una riforma dei mercati finanziari, come invece fece l’esecutivo Berlusconi pagandone il prezzo nel 2011 - è andata a nozze. Tutta l’agognata flessibilità ottenuta dall’Ue, poi, è stata usata per le mance a debito della legge di Stabilità. Un’indecenza che Renzi si appresta a bissare con la nuova manovra di bilancio per risollevare le sorti del “Sì” al referendum costituzionale d’autunno. Ma c’è anche dell’altro. I nodi irrisolti del sistema bancario europeo sono molti. Crediti inesigibili, derivati e altri asset tossici (in primis di banche tedesche e francesi), redditività al lumicino a causa dei tassi negativi Bce, deflazione e bassa crescita sono un cocktail potenzialmente letale. L’impressione è che in queste condizioni ricapitalizzazioni già difficili sarebbero presto abbattute dal mercato. Che richiederebbe così nuove ricapitalizzazioni. Rischiamo d’infilarci in una spirale pericolosissima, aggravata dal fatto che le nostre banche detengono quote importanti di debito pubblico. A questo punto urge una soluzione drastica: un grande fondo europeo che salvi gli istituti in difficoltà, mandi a casa i bancari travestiti da banchieri, li sostituisca con nuovi vertici e riporti questi istituti al mercato con la restituzione dei prestiti più gli interessi. Una strada lunga e difficile, ma se qualcuno ha un’idea migliore la tiri fuori. Adesso, perché di tempo ne è rimasto poco.