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Legittima difesa, tante incongruenze

Opinionista: 

Com’era del tutto prevedibile, la legge approvata dalla Camera sulla legittima difesa è diventata immediatamente oggetto di polemica di evidente carattere elettoralistico. Che sia la Lega a ritenere inadeguata la proposta di legge perché troppo blanda non deve meravigliare, vista la sua vocazione populistica. Che lo faccia però il segretario di un partito che si autodefinisce democratico e di sinistra, lascia a dir poco perplessi, anche se non è la prima volta né sarà l’ultima che questo partito esprima una politica populistica che fa concorrenza agli altri raggruppamenti populisti. Una volta si diceva – per criticare i comunisti e i socialisti e le loro scelte moderate – che l’elettore avrebbe sempre premiato l’originale, in quel caso la Dc, e non le brutte copie. Restano, comunque, i pareri critici e le opinioni contrarie dentro e fuori del Pd, ma anche e soprattutto quelli dell’Associazione Nazionale Magistrati, che fa rilevare il pressapochismo e le incongruenze della legge. Si parla, ad esempio, per giustificare la legittima difesa, dello stato di grave turbamento di chi corre il pericolo di aggressione e di attentato all’incolumità personale. E chi decide il livello di turbamento? C’è una scala che registra i gradi di turbamento? E poi anche la questione dell’orario notturno è controversa: chi decide quando è notte? La luce del sole o l’orologio? Non va poi trascurato l’effetto psicologico di una tale norma sull’opinione pubblica, o almeno su una parte di essa, che, temendo anche giustamente azioni criminose contro la propria incolumità personale e contro i propri beni, correrebbe subito a comprare pistole e fucili. In tutto questo frastuono di polemiche, capeggiate da populisti di varia natura, si distingue la ragionevole posizione del ministro della Giustizia Orlando che difende la legge in vigore (le statistiche dicono che, alla luce di essa, viene prosciolto o assolto il 90 per cento) e afferma che la sicurezza non si costruisce con più armi in giro e che le armi vanno tolte ai delinquenti e non date ai cittadini. Ma è a dir poco inconcepibile che il partito del ministro della giustizia vada in una direzione del tutto opposta e si spinga ad affermare in una recente intervista che anche il Pd è stato contagiato da un certo tratto di antipolitica. È fin troppo facile dire: ma dove era Orlando quando il suo partito ha intrapreso il viaggio verso le sponde del populismo carismatico (un uomo solo al comando), e del disprezzo verso ogni forma di dialogo coi partiti, coi sindacati, le forze sociali e le organizzazioni di volontariato, visto che l’interlocutore principale resta la gente, questa figura indistinta e pericolosa che nella storia dell’Europa ha provocato solo danni, lutti e tragedie? Non è il caso di fare qui una lezione di storia del pensiero politico e giuridico in età moderna, ma si ha quasi l’impressione di un catastrofico salto all’indietro, alla visione pre-moderna dell’homo homini lupus, della legge del taglione, della giustizia fai-da-te, esautorando l’autorità dello Stato e degli ordinamenti giuridici di una nazione. Si potrebbe obiettare che prima dello Stato c’è l’individuo e il suo diritto naturale alla sopravvivenza, ma è questo diritto che deve essere garantito dalle istituzioni e non lasciato ai singoli cittadini che, tra l’altro, sono in questo momento sempre più attratti, considerata la propaganda della destra populistica e da un Pd sempre più spostato verso il centro, da provvedimenti apparentemente risolutivi e che sono proposti solo in una vergognosa funzione di tornaconto elettorale, di qualcosa cioè che cinicamente si gioca sulla pelle dei cittadini che chiedono sicurezza e giustizia.