Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Napoli: invivibilità, madre di tutti i mali

Opinionista: 

«Dio, Tu che sei così misericordioso, abbi pietà del tuo popolo napoletano, di questa splendida terra intrisa di sangue, ferita da una violenza cieca e inumana, che annienta e disprezza la sacralità della vita…». Era dal 1982, da quando i vescovi della Campania lanciarono un memorabile appello contro la camorra, dal titolo: “Per amore del mio Popolo non tacerò”, che, pur tra i tanti accorati moniti sentiti in passato, non se ne leggeva uno così forte, come quello contenuto nella preghiera del cardinale Sepe, recitata domenica scorsa in tutte le chiese della diocesi di Napoli, di cui riportiamo in apertura un breve passo. Parole gravi ma vere. Saremmo però cronisti superficiali se ci limitassimo a circoscrivere la situazione soltanto alla camorra. A Napoli c’è molto altro - già più volte denunciato dal Cardinale nel recente Giubileo napoletano - c’è uno scollamento del tessuto sociale collettivo, che ha toccato il massimo della criticità negli ultimi tempi. Ora senza ridurre minimamente le colpe storiche e presenti dell’antistato - un gigantesco bubbone - c’è da dire che, oltre alla camorra, v’è anche un’altra violenza, gratuita, fatta di soprusi, di “illegalità minute”, di vuoto di poteri e di assenze istituzionali, causa delle inciviltà quotidiane, che rendono la vita invivibile. Insomma c’è lo scadimento di un senso civico, una volta fiore all’occhiello di ogni comunità. Emblematica la recente aggressione al cittadino coraggioso - prima che valoroso collega Luigi Necco - colpito solo perché cercava di opporre le sue giuste ragioni a un palese e sfacciato “intralcio” stradale. Come mai un piccolo incidente che, in altri contesti, si sarebbe risolto con un mi “scusi” o un sorriso, qui purtroppo è sfociato in una reazione barbarica? Vuol dire che è caduta davvero ogni “segnaletica” del buonsenso, come diceva Sergio Zavoli? Sì, è caduta perché le voci che rendono una città vivibile qui si sono dissolte, in venti e più anni di amministrazioni di sinistra e para sinistra, in generiche rassicurazioni. Parliamo di sicurezza, senso civico, igiene del territorio, stabilità politica-economica, trasporti pubblici e assetto urbano. A questo punto non ci vuole un cervellone, per dire che la somma di tutte queste inadempienze ci ha condotto alla odierna invivibilità, che non è qualcosa di astratto ma è la “peste” delle metropoli non governate. Tre anni fa circolavano a Napoli oltre 500 autobus urbani, oggi sì o no, ne circolano 120; nel 1976, con la giunta Valenzi si instaurò una civilissima e ciclica disinfestazione del territorio, che interessava tutti quartieri, oggi siamo invasi da blatte perché la disinfestazione o non si fa o si fa male. Sono confronti, apparentemente di poco conto, ma che segnano la differenza sostanziale di amministrare, divenuta abissale. A Napoli non si amministra, non è una novità ma va detto. Si declama soltanto, soffiando sul fuoco del disagio sociale. Un premier si contrasta quando viene meno agli impegni assunti, non su Bagnoli, dove lui ci ha messo la faccia e tanti altri hanno miseramente fallito.