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Napoli sotterranea, patrimonio storico

Opinionista: 

La Napoli sotterranea è un’attrazione turistica di grande interesse perché è un patrimonio storico e culturale che conserva le origini della città, i vecchi acquedotti, greci e romani e le testimonianze di vita. Ma c’è anche un aspetto negativo delle caverne naturali e quelle prodotte dall’uomo costituito dalle voragini che improvvisamente si aprono causando vittime oltre che danni alle persone e alle cose. Basterà ricordare le voragini di piazza Municipio. del corso Vittorio Emanuele, di via Miano Agnano e, in particolare, la enorme voragine che si aprì al quadrivio di Capodichino e che, oltre a causare gravi danni agli edifici circostanti, inghiottì una ragazza, il cui corpo non si è più trovato. L’esistenza di una Napoli “parallela”, fatta di caverne e di lunghi tunnel, la rilevò nel 1880 l’ingegner Guglielmo Melisurgo, che la studiò a fondo e la riportò in una cartografia di grande interesse, aggiornata negli anni ’70, su iniziativa dell’amministrazione comunale del sindaco De Michele, e pubblicata col titolo “Napoli sotterranea”. Ma nessuna delle amministrazioni che si sono succedute se ne occupò. Molto probabilmente perché ignoravano la Carta di Atene elaborata da Le Corbusier nel 1932, che contiene un principio in grado di rivoluzionare la cultura e la prassi urbanistica dei nostri tempi: “Il pedone deve potere usare strade a lui riservate, diverse da quelle destinate alle auto… e ciò costituisce una riforma radicale del traffico urbano”. Il corollario, introdotto dagli urbanisti nordeuropei e giapponesi, postula la convenienza di destinare il sottosuolo delle grandi città alle strade carrabili e ai parcheggi e a tutte quelle attrezzature che non necessitano di aria e luce naturali. E di riservare gli spazi urbani “en plain air” esclusivamente alle persone. E, nei casi di emergenza, ai mezzi di soccorso. Città con tanto verde e silenzio, senza rumori e senza smog, dove i pedoni tornano ad essere i padroni assoluti dei viali alberati e dei parchi, delle strade commerciali, dei lungomari e dei centri antichi, città a misura d’uomo sono già prossime a diventare una realtà nei paesi nordeuropei che hanno applicato i princìpi della “urbanistica a tre dimensioni”. E che sono all’avanguardia nelle metodologie di utilizzo del sottosuolo. Nelle città europee e giapponesi il sottosuolo è sempre più al centro di ogni scelta urbanistica, perché rende possibile realizzare tutte quelle attrezzature urbane che non necessitano di aria e luce naturali. E, in particolare, nei centri storici dove le memorie del passato e il rispetto ad esse dovuto non consente, spesso, inserimenti di nuovi manufatti edilizi. Tanto meno demolizioni per far posto a strade e parcheggi. A Montreal è stato realizzato il centro commerciale sotterraneo più grande del mondo. Nel corso dei mesi invernali, quando le temperature esterne sono particolarmente rigide, si può vivere, come se nulla fosse, nel Réso, la città sotterranea, una delle realtà indoor più estese al mondo, passaggio per 500mila persone al giorno. Si tratta di 32 chilometri di passaggi, accessibili dalle 5,30 di mattina all'una di notte da 120 ingressi, 60 complessi commerciali, 8 dei maggiori alberghi della città, 2.600 esercizi tra negozi e boutique, 40 tra teatri e cinema e 50 ristoranti. Una realtà che nasce nel 1962 con l'apertura del centro commerciale sottostante Place Ville Marie. Da allora, in concomitanza con lo sviluppo della rete metropolitana, il network di strade sotterranee ha dato vita ad una vera e propria città nella città. A Napoli siamo all’anno zero, se non addirittura alla preistoria. Nessuna amministrazione comunale ha pensato che il consolidamento del sottosuolo si consegue attraverso la realizzazione non solamente di metropolitane ma anche di strade, parcheggi, ipermercati, cinema, teatri, day-hospital, discoteche, centri congressuali, palestre, alberghi diurni (noti come cobianchi), che non hanno bisogno di aria e luce naturali. L’amministrazione di Luigi de Magistris ha l’occasione di trasformare il sottosuolo cittadino da problema a risorsa. Ma dubito che, averla trascurata per sei anni, abbia l’intenzione di coglierla