Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Non diamo alla politica le colpe dei politici

Opinionista: 

Recita un vecchio proverbio (al quale, in verità, non abbiamo mai dato troppo credito) che “aver compagni al duol scema la pena”. Come dire che le mie sventure pesano di meno se analoghe sventure affliggono anche altri. Se ciò fosse vero dovremmo in qualche misura rallegrarci delle notizie che ci arrivano dagli Stati Uniti secondo le quali, nella corsa per le elezioni presidenziali in programma per il novembre 2016, stando ai sondaggi, il magnate newyorchese Donald Trump starebbe superando, nel numero di consensi, non soltanto tutti gli altri candidati del partito repubblicano (tra i quali Jeb Bush e Marco Rubio), ma anche la rivale democratica Hilary Clinton che i più ritenevano la grande favorita nella successione a Barak Obama,, destinata a diventare la prima donna presidente della maggiore potenza mondiale. Donald Trump, considerato abilissimo nel mondo degli affari, tanto da essere annoverato nell’elenco degli uomini più ricchi del mondo è, in politica, un singolare personaggio. Ha assunto su temi cruciali posizioni che gli osservatori non esitano a definire quantomai “stravaganti”. Ha dichiarato, senza mezzi termini, di essere contrario al controllo delle armi, contrario agli aiuti internazionali, contrario all’eccessiva ingerenza delle donne in politica, favorevole a considerare la Cina come uno Stato nemico e quindi a sottoporla a pesanti dazi all’importazione. Ad alimentare il suo successo concorrono soprattutto due elementi: il proposito di ridurre le tasse (proposito consolidatosi come arma vincente di ogni competizione elettorale sotto tutte le latitudini) e, come si dice in gergo, la capacità di “bucare il video”, cioè di essere straordinariamente efficace nelle sue frequenti apparizioni televisive. Sia chiaro. Che questo “anomalo” personaggio possa realmente approdare alla presidenza degli Stati Uniti non è affatto scontato. Anzi, fidando nel fatto che negli elettori americani il buonsenso possa alla fine prevalere, non scommetteremmo su di lui. Ma resta un dato incontrovertibile: che di Trump si parla, oggi, come di un candidato in grado di essere preso in considerazione tra coloro che potrebbero guidare gli Stati Uniti nel quadriennio 2016-2020. Il “caso Trump” è tutt’altro che isolato. Se guardiamo in casa nostra, non stentiamo ad accorgerci che anche noi abbiamo “i nostri Trump”. Due “campioni” si distinguono tra gli altri: Beppe Grillo e Matteo Salvini, arruffapopolo che fanno della demagogia la loro arma vincente (incredibile a dirsi: pensavamo che con Grillo avevamo toccato la vetta, ma probabilmente Salvini è peggio di lui). Come abbiamo detto, il fenomeno è generalizzato. Non ci sono più i Churchill, i De Gaulle, i De Gasperi, gli Adenauer. I paragoni, si sa, sono sempre odiosi, ma se proviamo a confrontare la statura di questi leader con quella dei leader attuali, non possiamo non renderci conto - senza che per questo ci venga assegnata la qualifica di laudatores temporis acti, nostalgici di un passato irripetibile – che è stato compiuto un clamoroso salto di qualità all’indietro. Se, poi, volgiamo lo sguardo alle singole forze politiche, il fenomeno appare, se possibile, ancor più evidente. Basta, per averne contezza, soffermarsi sui nomi di coloro che, sino ad un tempo relativamente recente, guidavano i partiti e sui nomi di coloro che li guidano oggi. Sulle cause di questa decadenza del cosiddetto personale politico sono stati versati fiumi d’inchiostro ed altri se ne potrebbero versare. Ma prescindendo da una simile esercitazione che rischierebbe di condurci troppo lontano, vorremmo limitarci a sottolineare un aspetto del problema. E’ sempre più diffusa la tendenza a rifuggire dalla politica, a considerarla alla stregua di un’attività malsana, da guardare con diffidenza, con sospetto, se non addirittura con malcelata ripugnanza. Sbagliamo. Perché l’antico detto ciceroniano (Senatus mala bestia, senatori boni viri) secondo cui i singoli (i politici) sarebbero sempre migliori dell’assemblea (la politica) ci sembra debba essere rovesciato. La politica cammina sulle gambe degli uomini. Ad essere messa sotto accusa, dunque, non può essere la politica. Sono i suoi pessimi interpreti. Non facciamo confusione.