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Pd, dietro l’angolo la fine della politica

Opinionista: 

Il Pd, a Napoli, con le sue vicende tristi e malinconiche, occupa sempre di più lo spazio della cronaca e sempre meno quello della politica. Da tempo. Intanto Antonio Bassolino, caparbia la sua capacità di resistenza al degrado, annuncia il consueto, in questi casi, incontro per “riflettere insieme sul Pd e sulla Sinistra”. Già: riflettere! Mi auguro anche su se stesso e sulle sue responsabilità di leader assoluto del Pds-Ds-Pd dal 1993 al 2010. Un ventennio di gloria, di fasti, di lusso, anche… intellettuale, che sapeva tanto di esibizione. E di potere. E che riflessione sia, se molti aspettano gli esiti penali della vicenda dei “candidati a loro insaputa”, e molti altri sono in attesa delle decisioni delle varie commissioni sulla… qualità del tesseramento. Tessere, comunque, senza partito, senza sezioni, senza territorio, senza dibattito, senza politica. Tessere di appartenenza soli ai capi- bastone. Al 98%. Perché poi c’è l’eroico e coraggioso Biagio De Giovanni, che scommette su Renzi e sulla sua capacità di rinnovare il partito, la politica, il Paese. Naturalmente, se riesce a fare le primarie ed a vincerle. E c’è una minoranza sparuta, ma apprezzabile, della quale fa parte anche mio figlio Vito: tanti che credono in un partito, che sia all’altezza del Partito del socialismo europeo, di cui è parte integrante. Ma quello che accade a Napoli non si capirà mai se non si avrà il coraggio di chiamare la vicenda con il suo nome più appropriato: si tratta di una grande questione morale. Ripeto: una grande questione morale. Ricordo ancora, fra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90, tanti, che ora tacciono, guardavano noi socialisti con malcelato disprezzo anche se, bontà loro, riconoscevano qualche rara eccezione. Ci guardavano dall’alto della loro vantata “diversità”, di berlingueriana memoria. “Diversi” perché “moralmente” ineccepibili a fronte di noi socialisti, a loro dire, “rampanti e corrotti”. Poi arrivò Tangentopoli anche per molti dirigenti e quadri del Pci. E con essa Antonio Bassolino, che, fece “pulizia” molto “giacobbinamente”. Ed usò, allora sì, il “lanciafiamme”. Molti comunisti, vittime di quella “pulizia”, lo ricordano ancora sulla loro carne viva. Cominciava la sua epopea su quelle macerie, che erano anche le macerie dei partiti tradizionali, Pci compreso. Su di esse nasceva il “Partito personale” per eccellenza: il suo. Il resto è storia recente: pochi parlarono di tante storiche “forzature”, a cominciare da quelle di Enrico Berlinguer, pochi si ribellarono ad una deriva, che era retta dall’euforia della tanto criminalizzata gestione del potere. Finalmente raggiunto da loro. Molti tacquero, molti altri si… accomodarono. Il tarlo nasce da lì ed arriva fino ai nostri giorni: con molti protagonisti del… “coro” di quei giorni. Riflettano ora. L’impressione è che sia troppo tardi per tutto e per tutti. Anche per coloro che fuggono dalla nave, invece di rispondere delle loro responsabilità, come il triste Massimo D’Alema. So bene che tutto questo, comprese le mie povere riflessioni, appare, e forse è, una sorta di diatriba fra… “morti”. La politica è andata da un’altra parte. Ed i pochi superstiti sono tristemente condannati ad andare… a casa. Stretti nella morsa leghista-grillina, di cui ai populismi di ogni genere. Con l’elettorato spinto ed attratto da chi grida più forte. Lo spazio per la Ragione si è ristretto. E di molto. Intanto, dalle nostre parti, nessuno si indigna più. E Palazzo Marigliano è chiuso da tempo. Ultimo Commissario della Federazione Provinciale del Psi, alla fine del ’93, spensi, con grande rabbiosa tristezza, per l’ultima volta la luce della gloriosa sede di via Marchese Campodisola, proprio mentre Antonio Bassolino diventava sindaco di Napoli e cominciava la sua corsa, che doveva essere inarrestabile. Ora assisto a questa tragica nemesi. E non ne sono contento, perché dietro l’angolo non c’è un'altra Sinistra, ma la fine della democrazia rappresentativa. E, forse, anche della politica.