Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Quell’“area grigia” che inquina Napoli

Opinionista: 

Quando si dice che Napoli è unica al mondo, non si sbaglia mai. Questa città è capace di tutto. Molto spesso, quale che sia la circostanza, qui è possibile rompere schemi, infrangere regole, irriderle, farne la parodia, senza insomma porsi un limite, anche servendosi, come ribalta, dei luoghi più solenni. Conta fare ciò che si vuole. Ma ogni volta che accade, capita anche di riservarti una stupefacente sorpresa. Mentre si fanno tutte le ipotesi sul modo in cui accade e non si esclude la certa trasgressione di legge, alla fine si può scoprire che ogni cosa invece sia avvenuta con l’imprimatur addirittura delle istituzioni. Intorno a cui, poi come sempre, si intesse la solita trama narrativa identitaria, che può partire dalla dannazione genetica di aver dovuto subire, nel bene e nel male, tante dinastie, per finire con quel maledetto ’99, in cui perirono le ultime speranze di risollevare per sempre Napoli. Il caso sconcertante, cui ci riferiamo è di questi giorni e nasce dal clamore, il disappunto e altro ancora , suscitati da quel “carnevale nuziale in piazza” tra il neo melodico e la vedova del boss. Che avevano tutto il diritto di farlo come meglio gli piaceva, ma non di volerlo in quella forma spettacolare, irritante in piazza del Plebiscito, con una ostentazione trash, bloccando la città e sfidandone la pazienza con concerti, sfilate di carrozze d’epoca, da far impallidire i lontani cortei processionali vicereali. Ma oggi, dopo quanto detto e molto su una realtà sconfortante, non una “fiction”, oltre al dato del “giallo” del permesso con il Comune che dice di non aver mai autorizzato alcun corteo nuziale e i registi, i “costumisti” e tutto il set del matrimonio di diverso avviso: il dato più amaro è che, a Napoli, ancora una volta emerge quell’“area grigia”. Nascosta, subdola, che conta e può decidere tanto. Che cosa è? È un’area, ampia, inafferrabile, sfuggente, che sta tra le istituzioni, o meglio ai margini delle istituzioni e, a volte anche dentro, e la società di tante altre quotidianità. È un “corpaccione”, capace spesso di influenzare molte decisioni o addirittura di prenderle contro ogni buonsenso. Qualcosa che si radica e frulla in quel vortice delle infinite responsabilità, di cui il nostro tempo è succubo, impossibile poi nel venirne a capo, talmente ne è l’ingorgo. Attenti però a non addebitare sempre e tutto alle solite “filiere” facendo comodo fare subito di ogni erba un fascio: quest’area prospera sulle piccole illegalità quotidiane, che poi, nel tempo, possono anche sconfinare in cose molto più gravi. È un contesto, che abbraccia ceti e settori sociali trasversali e ferisce, inquina la città, condannandola a giudizi ingenerosi, da “lazzaronismo endemico”. Stavolta invece del citatissimo, indigesto, lontano monito, rivolto da un bravo di don Rodrigo a Don Abbondio: “Questo matrimonio non s’ha da fare, né oggi né domani”; qualcuno, non sappiamo, se “bravo” o pessimo, avrà detto: “Questo matrimonio s’hadda fa’ accusì". Chi? La risposta alla Procura, già all’opera.