Un patto per la vita contro gli sballi
Se c’è un periodo dei nostri giorni matti, in cui il divario tra Paese reale e Paese legale diventa abissale, questo è il periodo dell’estate. Il “rompete le righe” di uffici, istituzioni ad ogni livello, di caserme, apparentemente scaglionato, in realtà massivo, sguarnisce ogni presidio, svilisce e ridimensiona ogni servizio. Chi resta in città, pur con i vantaggi di poterla vedere vuota, ne patisce le conseguenze; chi va fuori, con i vantaggi del relax ,deve misurarsi con disservizi e imprevisti. Addio anche al piacere della città vuota come lo godeva il Marcovaldo di Calvino? Dovunque insomma si avvertono le conseguenze di questa fugafisica, ma soprattutto dalle responsabilità, già precarie in tempi normali, si può quindi immaginare quanto compromesse dagli esodi. Se però in alcuni comparti lo “spopolamento” si fa sentire in maniera marginale, in altri, pensiamo a Sanità e Sicurezza, è causa di una “emergenzialità” sempre più grave, che mette in crisi un sistema, di cui si prende coscienza solo quando accadono toccanti tragedie. Prendiamo le più recenti, quelle da sballo, in cui hanno perso la vita tre giovani Guendalina, Lorenzo, Ilaria, come si può pensare di farvi positivamente e tempestivamente fronte? Se fino a qualche anno fa molte delle colpe potevano essere addebitate al citato spopolamento estivo di personale, agenti, addetti a prevenzioni e vigilanza, al punto in cui siamo arrivati, per le dimensioni che ha assunto questo fenomeno estivo, oggi la strada del rimedio a una diffusa e crescente jattura chiama in causa altre misure. È tempo di costruire un “Patto per la vita”, una indifferibile “task force”, costituita da genitori, forze dell’ordine, titolari di locali, bar discoteche. Insomma, una prevenzione a monte, nell’ambito familiare; controllo, vigilanza e inflessibilità alla base. A indicare l’urgenza nel ripensare una strategia seria per la salvezza di una gioventù esposta a troppi rischi e fare terra bruciata attorno alla criminalità, è il mondo degli operatori della sicurezza, di storici ed eroici combattenti di una battaglia spesso impari anche per una normativa fiacca e indulgente. «Abbiamo un’invasione di minorenni - ragazzine di 16 anni, attratte da vacanze non limits, che arrivano a gruppi con deleghe dei genitori a prendere casa - ha dichiarato un agente in servizio a Rimini ed ha aggiunto - sono persone che non vanno più in cerca di divertimenti ma di sensazioni inconfessabili come quella di provare l’ebbrezza totale anche con “tampax” imbevuti di alcool». Rivelazioni che fanno sentire l’inadeguatezza di una lotta, la grave caduta di ogni segnaletica, di ogni regola, ripristinabile solo attraverso una sinergia rigorosa: genitori, istituzioni e titolari dei vari “divertimentifici”. Ne va della credibilità e affidabilità di tutti. Lo impone una recente indagine Istat che dà l’esercito dei bevitori attestato sul 54% solo tra i giovani tra i 15 e i 24 anni. Morale: basta con le compiacenze, gli “abbeveratoi pubblici”, per dirla con Flaiano, di sballi e veleni, dal piccolo bar alla megadiscoteca, che vanno duramente colpiti. Senza arrivare a un clima da proibizionismo bisogna farcapire che certe vocazioni collettive autodistruttive sanciscono il fallimento di una collettività.