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Una toponomastica molto stravagante

Opinionista: 

La decisione del sindaco de Magistris di cambiare le denominazione di un piazzale e di una strada pone in termini di urgenza la necessità di riordinare la toponomastica cittadina. Leonardo Sciascia diceva che lo stradario diceva che lo stradario di una città è il libro della sua storia, aperto alla consultazione, sia pure veloce, della gente. E quella che narra la toponomastica napoletana è una storia carente, arrogante e faziosa. I cinque secoli del Ducato Napoletano, i più felici della sua storia, sono completamente ignorati e i 115 anni del Regno delle Due Sicilie compaiono raramente mentre i 75 anni del Regno dei Savoia sono ricordati oltre ogni decenza. Non c’è una sola strada o piazza o viale che ricordi l’ultimo Duca Sergio IV, il sovrano che emanò nel 1137 la famosa “Promissio”, la carta costituzionale che, per i diritti civili che venivano riconosciuti ai napoletani, ha anticipato di due secoli la Carta Libertatum del 1215 di Giovanni Senzaterra. E, in una certa misura, la Costituzione americana del 1776. Migliore sorte non è stata riservata ai Borbone, che, a meno dei cinque mesi della Repubblica del ‘99 e del decennio francese, hanno regnato dal 1735 al 1860 e che, accanto ai tanti errori e anche orrori della loro politica, hanno realizzato quanto di meglio questa città e questa regione possono vantare in campo artistico, architettonico, urbanistico e industriale. Cito solo la reggia di Caserta, visitata da milioni di turisti. Solamente una piazza è stata intitolata a Carlo III, quella antistante l’Albergo dei Poveri da lui voluto, e una statua in una delle nicchie di Palazzo Reale. Ma nulla è stato dedicato al re Ferdinando, colpevole di avere massacrato i giacobini della Repubblica del ’99 ma autore, tra l’altro, di quello straordinario sogno utopistico delle Seterie di San Leucio. Ammirato in tutto il mondo. Non è stato trattato meglio Gioacchino Murat che, a parte la statua in una delle nicchie di Palazzo Reale, non è ricordato nemmeno in quella via che realizzò a Posillipo. Stranamente, è stato dedicato il Largo tra via Chiaja e piazza Plebiscito a Carolina, più come sorella di Napoleone che non come moglie di Gioacchino e regina di Napoli. Di contro, la toponomastica napoletana dedica ben 342 siti tra vie, vicoli e gradini ai Santi cristiani e a qualche Papa e ben 29 siti tra corsi, vie, piazze, viali, gallerie e vichi sono stati intestati ai Savoia. Assolutamente immeritevoli di tanta attenzione. Un corso, una via e una piazza ad Amedeo e la Galleria e il Rettifilo a Umberto I e una Galleria al principe Umberto e vie, viali e corsi alla regina Elena, alla regina Margherita, alla regina Maria Cristina. Per Vittorio Emanuele II sono state scolpite una statua equestre in piazza Municipio e una statua con la spada sfoderata in una nicchia di Palazzo Reale. E gli è stato dedicato il lungo corso, la prima “tangenziale” del mondo, che fino al 1860 portava il nome della regina Maria Teresa di Borbone. Merita di essere citata anche la stravaganza del viale Elena intitolato al comunista sardo Antonio Gramsci e non al comunista napoletano Amadeo Bordiga, al quale è stato dedicato un vicoletto cieco in quel di Bagnoli, unico napoletano tra Sirio Italico, Lucio Silla, Cicerone, Ovidio, Svetonio e altri illustri personaggi dell’antichità romana. Ma il fatto scandaloso è che ben tre strade sono state intitolate a Vittorio Emanuele III, firmatario delle leggi razziali del ’38 e corresponsabile del disastro dell’8 settembre ’43. E una di queste de Magistris l’ha dedicata a Salvatore Morelli, un patriota pugliese sconosciuto anche ai cittadini di Carovigno in quel di Brindisi e che con Napoli non ebbe mai nulla a che fare. Ha perso l’occasione di intitolarle agli illustri napoletani Roberto Pane, Luigi Cosenza e Luigi Tocchetti. Rebus sic stantibus, la toponomastica cittadina è tutta da riscrivere. A cura, mi auguro, di personalità cittadine di riconosciuta preparazione storica, di rigorosa onestà intellettuale e prive di sentimenti faziosi. Per intanto dobbiamo continuare a tenerci corso Vittorio Emanuele II, via Vittorio Emanuele III e viale Gramsci. E anche vico rotto al Lavinaio e vico paparelle al Pendino.