Università, formazione e giovani del Sud
La Fondazione Res ha dato alla stampa un rapporto 2015 sui nuovi divari attraverso un'indagine sulle università del Nord e del Sud a cura di Gianfranco Viesti.Il dato più preoccupante è quello che dopo il boom dell'immatricolazione tra il 2007 ed il 2008 nel 2014/2015 si è avuta una contrazione di oltre 66mila unità (meno 20%.) Gli stessi docenti sono stati ridotti di 63mila unità e così in proporzione per il personale amministrativo con evidente riduzione dei corsi di studio (meno 18 %). Lo stesso obiettivo dell'Europa che nel 2020 ritiene di avere il 40% di giovani laureati è difficilmente raggiungibile nel nostro Paese che prevede al massimo il 26-27% e continuerebbe così ad essere collocata all'ultimo posto. Ciò che ci preoccupa maggiormente da quanto indicato nel rapporto. Quattro regioni del nostro Paese, tutte del Sud, sono classificate tra le ultime 10 delle 272 europee. La Sardegna è la 271 e supera solo la regione della Bulgaria, Severozapaden. E considerato che oggi si ha a che fare con un mercato digitalizzato e competitivo, la situazione preoccupa non poco. La competitività, specie in un Paese senza materia prima è possibile assicurarlo con più laureati e con un enorme impulso alla ricerca scientifica. In tal modo si assicureranno maggiori più qualificati funzionamenti dei grandi servizi pubblici. Per superare il divario va poi incentivato in tale direzione il Mezzogiorno. Viesti nel suo rapporto indica con una differenziazione tra le sedi universitarie nel Paese la serie A che consente di accedere alla formazione avanzata anche se limitata: Milano, Bologna, Venezia con propaggini a Torino, Trento e Udine rappresentano la serie A dove è concentrata l'attività di ricerca e di sperimentazione. Tutto il resto serie B. Assicurare nel Sud il diritto allo studio è più difficile, basti pensare che il 40% degli aventi diritto a borse di studio non lo ottiene, in quanto le risorse scarseggiano alla carenza adeguata di servizi. Altro elemento negativo che scoraggia le famiglie ad iscrivere i giovani all'Università è l’eccessivo costo della tassazione. Un dato significativo è quello che in altri Paesi quale Belgio, Svizzera, Francia è decisamente più contenuto. Le stesse propensioni relative alla formazione professionale, all'innovazione tecnologica e organizzativa si presentano con modalità e dimensioni del tutto diverse a seconda che nelle aziende aumenta il tasso di impiegatizzazione o che si tratti di imprese in fase di ristrutturazione, ovvero si tratta di imprese in espansione e viceversa in calo occupazionale. Se questo è il quadro nazionale il contesto meridionale presenta differenze vistose in virtù della composizione del suo apparato produttivo, degli squilibri strutturali, della politica, delle risorse umane condizionate e indotte dal divario economico. Una situazione questa, in continuo cambiamento con aspetti non bilanciati, sia in positivo che in negativo. I riflessi sul mercato del lavoro meridionale sono stati molto pesanti: ad una sostanziale stagnazione e diminuzione della forza già occupata si è accompagnato un'ingente massa di disoccupazione, concentrata soprattutto nelle nuove leve in età di lavoro che solo in una modesta quota hanno trovato sbocco sul mercato. La gravità del fenomeno è immediatamente rinvenibile dal tasso di disoccupazione della popolazione meridionale con età inferiore 24 anni che supera anche quello delle altre regioni povere d'Europa. Con queste premesse i giovani del Sud sono costretti ad emigrare. Non si riesce a comprendere come un ministro, quale Orlando possa sostenere che la legge di stabilità prevede una tendenza di inversione con misure per la crescita del reddito d'imposta al risanamento ambientale.