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Velata o Svelata, Napoli condannata a fare notizia

Opinionista: 

Velata o Svelata? È riuscito il regista italo-turco Ferzan Ozpetek a dimostrare che Napoli si interpreta meglio se a guardarla è uno “straniero”, come sostiene il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger? O ha fallito il tentativo, per stare al responso stroncatura di Bruno Discepolo? Agli esperti di cinematografia l’ardua sentenza. L’impressione, quando si parla di Napoli, come ha sottolineato Nicola Quatrano, è che la percezione giochi brutti scherzi. Perché viziata dal sistema mediatico, che tratta la città con parametri diversi da quelli usualmente adottati per altri contesti. Succede così che a Capodanno bambini di Crotone vengano feriti al torace da proiettili, minorenni genovesi ricoverati per overdose di alcolici, appartamenti torinesi danneggiati da botti illegali, cassonetti milanesi incendiati con bombe carta e bottiglie molotov da teppisti. Ma a calamitare l’attenzione, a fornire lo spunto per la canonica intervista, è il napoletano Vincenzo Natale, senza che altrettanta curiosità susciti un trentasettenne avellinese, malgrado entrambi risultino vittime di colpi di arma da fuoco barbaramente utilizzate per dare sfogo a istinti belluini. Le baby gang costituiscono un tormento quasi quotidiano per Milano, non solo per Napoli, ma la retorica e l’enfatizzazione delle “stese” è nata solo in quel di Partenope. Condividere i rilievi di Quatrano non significa tuttavia rifugiarsi nel falso alibi del mal comune mezzo gaudio, se non altro perché, come a suo tempo genialmente rilevò Giuliano Ferrara, il problema di Napoli è che “non si fa mancare niente”, aggiungendo purtroppo alle sue bellezze (messe in risalto dalla Napoli velata di Ozpetek), svariate forme di criminalità e teppismo, con una creatività, innata e pervertita, meritevole di miglior causa. Ha ragione Quatrano a ricordare che le ruberie e la vandalizzazioni degli alberi di Natale nei giorni scorsi sono state un mal comune di mezza Italia. Resta tuttavia da chiedersi cosa si faccia per contrastarle, per ridurle, per reprimere i violenti e educare i giovani figli del disagio sociale. A Napoli, innanzitutto, ma anche nel resto del Paese. Se ho un problema cerco di risolverlo. Se non ho i mezzi per farlo, chiedo aiuto a chi di dovere, eventualmente inchiodandolo alle sue responsabilità. Contribuisco così anche a migliorarne la percezione nell’opinione pubblica, rendendola più aderente alla realtà dei fatti. A costo di rinunciare a fare notizia.