Disco verde dell’Inps all’estensione dei diritti riconosciuti dall’ordinamento previdenziale alle coppie omosessuali. L’istituto ricorda che dal 5 giugno 2016, per effetto dell’entrata in vigore della legge 76/2016 ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni pensionistiche e previdenziali il componente dell’unione civile è stato equiparato al coniuge. L’estensione delle norme relative al matrimonio determineranno, in caso di decesso di uno dei due partner dell’unione civile, il passaggio al compagno superstite del titolo alla pensione indiretta o alla pensione di reversibilità o all’indennità di morte. In pratica il compagno che ha stipulato l’unione civile sarà trattato esattamente come se fosse un coniuge e, pertanto, gli spetterà un assegno pari, di regola, al 60% del trattamento pensionistico che percepiva o che avesse preso il defunto con le riduzioni eventualmente legate al possesso di proventi economici superiori ad una determinata soglia. L’equiparazione del compagno al coniuge farà però acquisire rilevanza anche al reddito del compagno in occasione della richiesta di fruizione di quelle prestazioni assistenziali o previdenziali connesse al reddito (si pensi in particolare all’assegno sociale, alle maggiorazioni sociali e all’integrazione al trattamento minimo). L’Inps rammenta, inoltre, che l’articolo 1, commi da 66 a 69, della legge 76 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni relative alle unioni civili, nonché la comunicazione da parte dell’Inps al ministro del Lavoro e delle politiche sociali dei dati relativi agli oneri di natura previdenziale ed assistenziale derivanti dall’attuazione della disposizione, al fine di consentire il relativo monitoraggio da parte del predetto dicastero. L’equiparazione porterà altresì diverse conseguenze pure di natura giuslavoristica. Si pensi in particolare all’applicazione delle detrazioni per coniuge a carico del contribuente e dell’assegno al nucleo familiare in favore del partner dell’unione civile. Non meno importanti anche le conseguenze relative in caso di successione. Con la successione, al “coniuge” superstite andrà infatti la “legittima”, cioè il 50%, e la restante parte andrà agli eventuali figli, inoltre, in caso di morte del prestatore di lavoro sarà corrisposta all’altra parte dell’unione sia l’indennità dovuta dal datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile sia quella relativa al trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile. Tali diritti non vengono, invece, estesi nei confronti delle convivenze di fatto altro grande tema distinto dall’unione civile trattato dalla Legge Cirinnà che potrà riguardare tanto coppie eterosessuali quanto coppie omosessuali. Basterà una semplice dichiarazione all’anagrafe per attribuire alle convivenze more uxorio vari diritti, tra cui la successione nel contratto di locazione, la visita in ospedale e l’assistenza reciproca, la permanenza nell’abitazione in caso di morte del compagno, l’inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare. E il legame si potrà ulteriormente rafforzare con il contratto di convivenza che regolerà i rapporti di natura patrimoniale tra la coppia. Da segnalare ancora, tra i diritti riconosciuti alla coppia convivente, anche il risarcimento del danno da fatto illecito. In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si dovranno applicare i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite. Chi stipula una convivenza di fatto, tuttavia, non potrà godere (salvo estensioni apportate dalla giurisprudenza futura) dei diritti spettanti al coniuge o al componente dell’unione civile quali in primis, come appena menzionati, il diritto alla pensione ai superstiti.