17 marzo, la Festa da… non festeggiare
di Edo e Gigi (I Fatebenefratelli)
Sab 25 Marzo 2017 11:13
Scusateci ma, come si dice, ogni tanto ’na rinfrescatella ce vò, si no ce scurdamme chi siamo, o meglio: chi siamo stati, o meglio: chi eravamo. Ci spieghiamo. Il 17 marzo scorso, il nostro presidente Mattarella, con l’enfasi che è propria del suo ruolo istituzionale, ha rammentato alla nazione che sono trascorsi ben 156 anni dalla “cosiddetta” unità d’Italia e… bla bla bla… siamo tutti fratelli e volemese bene. Il buon don Sergio (Mattarella), siciliano di nascita, ben sa che, proprio sulla sua terra approdò il prezzolato Garibaldi, ma tant’è! Lungi da noi la velleità di ricordargli alcune verità storiche, per cui le indirizziamo solo a voi lettori del “Fattariello”. Secondo la storia “ufficiale” il 17 marzo 1861 è il giorno in cui l’epopea risorgimentale, finalmente libera il Meridione dallo straniero invasore e dà vita ad un regno libero, guidato dal piemontese re “galantuomo” (sic) Vittorio Emanuele II con l’ausilio dell’abilità politica del Cavour e quella militare del Garibaldi, l’uomo che, con soli mille uomini, sconfisse l’esercito del Regno delle due Sicilie, formato da 30mila uomini (ma ve ne jate o no?)! Al nostro presidente, pardon: ai nostri lettori, ricordiamo che all’epoca, il nostro glorioso regno era florido al punto tale da far dire a Stehdhal nel 1817: “In Europa ci sono due capitali: Parigi e Napoli”; e Stendhal nun era nu strunzo. Ce vulimme ricurdà nu poco come eravamo grandi? E ricordiamolo. Avevamo il primo museo al mondo (Capodimonte), la prima fabbrica di locomotive, la prima città a fare la raccolta differenziata e a costruire edifici antisismici, avevamo il primo osservatorio astronomico, il primo telegrafo, il San Carlo, la Reggia di Caserta, di Portici, San Pietro a Majella, l’Albergo dei Poveri e... e basta! Quante volte lo abbiamo già scritto e quante volte lo scriveremo ancora fino a ce fa venì ’e crampi dint’e mmane. E lo scriviamo, più che altro, perché lo sappiano le nuove generazioni e ca nun se facessene strunzià da “uno” ca se parte ”a dint’a nebbia e vulesse cumannà nel… “Paese d’‘o Sole”. Alla prossima.