“Iterreni, avvicinandosi a Napoli, erano un immenso campo di sterminio; dicemmo ai nostri soldati di incendiare tutto quello che incontravano. Non ho mai visto tanti morti contemporaneamente”. No, queste parole non le ha scritte uno “di parte”; esse sono tratte dalle memorie del generale francese Thiebault, nei giorni del suo ingresso a Napoli. Nei giorni 20, 21 e 22 gennaio 1799, l’esercito francese, grazie anche all’aiuto di alcuni giacobini del posto (tra cui Eleonora Pimentel de Fonseca), chiusi nel forte di Sant’Elmo a cannoneggiare la città, entrò nel Regno di Napoli ed instaurò la Repubblica Napoletana. In soli cinque mesi, furono “appena” 60mila i napoletani e meridionali, passati a fil di spada… praticamente assassinati. Nello stesso momento, il commissario Faypoult diede ordini affinchè tutti i beni e tutte le opere d’arte del Regno, venissero marchiati con il timbro “per la repubblica francese” e spediti a Parigi (Libertè, Egalitè e Fregalitè). Quando poi, i Borbone, grazie al Cardinale Ruffo e le sue migliaia di volontari, tornarono sul trono, secondo voi c’avevano fa se non condannare a morte un centinaio di traditori, responsabili di massacri e saccheggi? Ciò detto e, con tutto il rispetto, non possiamo che dissentire da quanto affermato dal pluripremiato scrittore Raffaele La Capria, secondo il quale “il processo di crescita” (arruobbi compresi) avviato dai francesi, fu interrotto “dalle orde dei sanfedisti, avanzanti come mongoli, verso Napoli, guidati dal Cardinale Ruffo, il flagello di Dio, che devastarono, massacrarono e distrussero”. E così quel centinaio di morti traditori giacobini, divennero “eroi”, mentre coloro che si batterono per la riconquista del “Proprio Regno”, secondo La Capria, sono orde di mongoli. E stupisce non poco che il regista Pasquale della Monaca dichiari che la sua opera “Sangue sull’utopia” serva in primis ad informare le nuove generazione del passato della propria terra. Noi vorremmo dire, anzi ce ‘o dicimme a della Monaca: “Giusto! Le nuove generazioni debbono conoscere il passato… è vero… ma occorre che lo si dica loro, non stravolgendo la storia a favore di chi la scrive, ma raccontandone la verità. Anzi, c’è venuta un’ideuzza, niente male; magari il testo lo scriviamo proprio noi e, proprio noi, lo rappresentiamo sempre a piazza del Plebiscito. Vedete se vi piace: elementi scenografici: due gigantografie riproducenti i paesi di Casalduni e Pontelandolfo; un attore nelle vesti del generale cialdini che ordina alle truppe di uccidere ed incendiare tutto: un’altra gigantografia riproducente le officine di Pietrarsa, mentre un gruppo di attori, vestiti da bersaglieri, passa per le armi gli operai in sciopero; più in là, altri attori, con le divise di soldati piemontesi, intenti a fottere e portar via i 443milioni di lire oro del tesoro del Regno e, per finire, seduti al tavolo, Garibaldi e Tore ‘e Criscienzo, se fanne ‘na bella pizza a portafoglio. Il titolo: “Avanti Savoia”. Indubbiamente l’odierno “fattariello” non farà sorridere ma, auspichiamo: faccia riflettere. Alla prossima.