La sclerosi multipla, come riportato sul sito www.aism.it, è “una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale”. In particolare, quindi, chi è affetto da questa patologia subisce danni e perdita di mielina. Questa è una sostanza formata da proteine e lipidi complessi (colesterolo, cerebrosidi, fosfolipidi) che forma una guaina attorno al midollo e alle fibre nervose con funzione di protezione e di isolamento in modo che sia garantito il segnale nervoso. A fianco alla perdita di questa sostanza, può subentrare la formazione di lesioni, dette placche, che da un’iniziale fase infiammatoria possono evolversi a croniche dando luogo a cicatrici, da cui la terminologia “sclerosi a placche”. Le cause scatenanti di tale patologia fortemente invalidante non sono ancora del tutto chiare: evidenze cliniche e sperimentali hanno suggerito agli studiosi che il sistema immunitario ad un certo punto aggredisce la mielina attraverso un processo infiammatorio, distruggendola. La localizzazione di tale attacco non è prevedibile, colpendo in aree cerebrali non predefinite; unica predilezione è il midollo spinale, con conseguente progressiva paralisi. Una recente ricerca effettuata presso la British Columbia University avrebbe individuato una relazione genetica con l’insorgere della patologia. In particolare, tale causa sarebbe particolarmente legata alla forma Ppms, quella primariamente progressiva. Per lo studio sono state esaminate due famiglie canadesi con un’incidenza della malattia di sette casi in tre generazioni. Tale tasso elevato di manifestazione, in condizioni così concentrate, ha dato lo spunto per approfondire la strada della causa genetica. Per questo motivo, i ricercatori canadesi hanno effettuato un’analisi completa del Dna dei pazienti di queste famiglie riscontrando effettivamente un segnale anomalo comune: il gene NR1H3 presentava una modifica. Tale condizione comporta una riduzione della proteina LXRA che dipende da tale gene: da questa alterazione ne deriva una ulteriore nella trascrizione dei geni che sovrintendono a metabolismo lipidico, immunità e infiammazione, e quindi indirettamente alla formazione e integrità della guaina mielinica. Studi precedenti, infatti, avevano già constatato come l’alterazione di tale proteina producesse un assottigliamento della guaina mielinica e a un difetto di remielinizzazione. Secondo Carles Vilarino-Güell, autore della ricerca, la presenza di tale mutazione non coincide con il manifestarsi della malattia, ma aumenta il rischio di svilupparla fino al 70%. Nuove strade di indagine, dunque, apre lo studio canadese grazie all’approccio genetico. Nulla si può fare allo stato attuale per combattere la patologia ma, grazie a questa nuova intuizione, si potrà tentare la strada della stimolazione della produzione di proteine della famiglia LXR per fare in modo che vi sia una riduzione dell’infiammazione e, quindi, un rallentamento della demielinizzazione, augurandosi contemporaneamente una ripresa della formazione di mielina nei casi di patologia già incipiente. mi_sa@inwind.it