Monica Sarnelli (nella foto) è una cantante italiana. È interprete in particolare della canzone napoletana, ma conosciuta anche in ambito nazionale per essere colei che canta la sigla della soap televisiva di Rai 3, “Un posto al sole”. «Sono napoletana di piazza del Gesù. Erroneamente credono che sia figlia d’arte perché ho lo stesso cognome del compianto chitarrista e cantante Egisto Sarnelli. Non sono neanche parente di Enzo Sarnelli, in arte Tony Tammaro. Sono un’autodidatta e ho scoperto la mia passione per il canto da piccolina». 

In che occasione? 

«Ci eravamo trasferiti ai Colli Aminei e cominciai a frequentare la parrocchia di quel complesso residenziale. C’è tuttora e dispone di una struttura dove i giovani possono dedicarsi a tante attività. Sul campetto di calcio, in particolare, i preti organizzavano manifestazioni a tema per tenere i ragazzi lontani dalla strada. In quegli anni prendevo lezioni di pianoforte e il mio maestro mi spinse a partecipare a un concorso musicale promosso dalla Rai, a Castellana Grotte, in provincia di Bari. Vinsi il premio della critica. In quell’occasione conobbi Andrea Lo Vecchio, autore di Mina, che aveva scritto il brano “Ti amo”. La Emi me lo fece incidere e quando andai a Milano conobbi la grande Mina. Mi veniva a trovare in sala di incisione, scelse anche la copertina del disco ed era prodiga di consigli. Era il periodo in cui cominciava a “nascondersi” per sottrarsi all’assillo dei media». 

Che ricordo ha dell’artista? 

«Era una donna molto gradevole e mi dispiace di non avere una fotografia che mi ritrae insieme a lei. All’epoca non si aveva quest’abitudine. Resta uno dei miei miti e la stimo molto perché ha saputo proteggere la sua privacy allontanandosi da tutto quello che si riduce a mero business ». 

Quel disco e quell’incontro costituirono il suo trampolino di lancio? 

«Certamente, perché fui introdotta nell’ambiente dei “grandi” della musica. Questo mi consentì di fare i primi concerti entrando dalla porta principale. Ben presto, però, pagai lo scotto di non aver fatto la gavetta. Capii che per farsi accettare nel difficile e complesso mondo della musica e della canzone occorre muoversi con estrema cautela, a piccoli passi e con grande umiltà. Nel frattempo era morto il mio produttore e non avevo più chi potesse produrre i miei dischi». 

E che cosa fece? 

«Partii dall’inizio. Feci jingle pubblicitari e cominciai a fare la corista per tanti cantanti famosi. Poi incontrai Peppino di Capri e fu la svolta». 

Perché? 

«Sono stata la sua vocalist per nove anni. Ho girato il mondo con lui e con il suo coro. Quando presi coscienza di aver fatto un’esperienza che mi aveva reso matura come cantante, dissi a me stessa che era giunto il momento di creare qualcosa da sola. Misi su una band e iniziammo a esibirci nei locali e nei night». 

Qual è stato il suo primo album? 

«La raccolta di canzoni che portavamo in giro. Erano cover di brani di artisti del calibro di Sting, Prince, Tina Turner e altri autori stranieri importanti». 

Poi cambiò genere e divenne anche cantautrice.

«Con il mio produttore Dario Andreano, il padre dei miei due figli, decidemmo di smettere con le cover e di dedicarci a dischi in italiano. Alcuni testi erano anche scritti da me. Naturalmente la concorrenza con le mie colleghe che avevano produttori milanesi importanti mi vedeva soccombente per cui capii che mi ero avviata su un percorso molto difficile. Per avere qualche possibilità sarei dovuta rimanere a Milano ma l’ìdea non mi entusiasmava. Io e Dario decidemmo allora di fare un omaggio alla canzone napoletana». 

Ci spieghi. 

«Parlo del progetto “Lazzare felici”. Sono due volumi che scandiscono il percorso delle mie due anime: una melodica, sulla scia di Peppino di Capri; l’altra ispirata al “Neapolitan power” dove c’è l’intreccio tra la tradizione musicale napoletana con il jazz, il blues e il funk d’oltreoceano. Questo sound, già in fieri nei dischi degli Showmen e dei Napoli Centrale, è esploso con Pino Daniele. Proprio dalla sua canzone “Lazzari felici” prende spunto il titolo dei miei due album». 

Poi è venuta la raccolta “Neapolitan power i feel”. 

«È un’antologia di “vecchi classici” e “nuovi classici” della canzone partenopea dove interpreto brani come: “Chesta sera” di Nino D’Angelo, “Campagna” di James Senese e Franco Del Prete, “Lazzarella” di Riccardo Pazzaglia e Domenico Modugno, la classica “’O surdato ’nnammurato” di Aniello Califano, “Maruzzella” di Renato Carosone, oltre a tanti brani del mio “mito” Pino Daniele come “Terra mia”, “A me me piace ’o blues”, “Chi tene ’o mare”, “Canzone nova”, “Assaie” e “Lazzari felici”. La “produzione artistica” e gli “arrangiamenti” sono di Gigi De Rienzo; alla batteria c’è Agostino Marangolo, alle chitarre Franco Giacoia; alle tastiere Ernesto Vitolo. Tra i tanti ospiti importanti ci sono Peppino di Capri, James Senese, Enzo Gragnaniello, Lino Cannavacciuolo, Marcello Colasurdo, Marco Zurzolo, Solis String Quartet, Alfonso Deidda, Sha One, Patrix Duenas». 

C’è anche televisione e teatro nella sua carriera. 

«La prima esperienza sul piccolo schermo fu la trasmissione “Ritmi urbani” su Canale 21. Ero la conduttrice. Poi nel 1996 arrivò la telefonata di Antonio Annona, l’autore delle musiche di un “Un posto al sole”. Mi chiese di essere l’interprete della sigla della soap televisiva su Rai 3. Lo sono tuttora. Nel 2007 sono stata protagonista, con Gigi D’Alessio, Alessandro Siani e Sal Da Vinci, in diretta su Sky ,alla festa per il ritorno in serie A del Napoli dallo stadio San Paolo. Nel 2010 sono stata con Lucio Dalla, Josè Feliciano ed altri a “Napoli prima e dopo” su Rai 1 e poi su Rai 2 in “Napoli racconta”, programma di Giorgio Verdelli, con la conduzione di Enzo De Caro». 

E il teatro? 

«Il debutto l’ho avuto al Sannazaro con lo spettacolo, di storie e canzoni, “Napoli Plebiscito Italia”, scritto da me e da Dario Andreano. Sono ritornata sul palcoscenico, questa volta del Cilea, con un lavoro scritto per me da Federico Vacalebre: “Sirene, Sciantose, Malafemmene e altre storie di donne veraci”. Da questo lavoro ne è venuto fuori un cd che si chiama come lo spettacolo dove omaggio la donna attraverso le canzoni. Sono tutti classici napoletani. C’è anche il brano “Preferisco il Novecento” di Ria Rosa, una cantante degli anni ’40. È stato molto divertente spulciare nelle canzoni di quell’epoca e scoprire che già a quei tempi la donna rivendicava un senso di libertà e di autonomia. Voleva indossare i pantaloni». 

Ha festeggiato i dieci anni di “Lazzare felici” (2004 +uno di “Chesta sera”) come produttrice di “Napoli@ colori” e “A testa in su” con l’etichetta “Lazzara felice”. Ce ne parla? 

«La prima è una collection che contempla quattro dischi, venduti singolarmente e in cofanetto: “Chesta sera (Napoli Rossa)”, “Terra mia (Napoli Blu)”, “Campagna (Napoli Nera)” e “’A cchiù bella (Napoli Oro)”. Una raccolta di 65 canzoni attraverso i quali racconto e canto la mia Napoli. Il rosso è il colore della passione, dell’amore, delle storie vissute, di quelle sfiorate, degli incontri voluti e di quelli casuali e ho deciso di abbinarlo a grandi autori e interpreti, da Nino D’Angelo a Peppino di Capri, Claudio Mattone, Fred Bongusto, Vian, Eduardo De Crescenzo, Alunni del Sole; raccogliendo nel disco “Chesta sera (Napoli Rossa)” melodie come quella che dà il titolo all’album, a cui si uniscono “’A canzuncella”, “Nun ce putimmo lassa”, “Lioe”, “St’ammore”, “Nisciuno”, “Nun è peccato”, “Doce doce”. Il blu è il colore che abbino alla Napoli dello straordinario Pino Daniele, una città in blues. Un blues latino, mediterraneo, pieno di sfumature, di suggestioni, di grandi contaminazioni, dove Napoli diventa sorella acquisita di New York, Rio de Janeiro, Buenos Aires. È il blu che mette insieme “Terra mia”, “Chi tene ’o mare”, “Lazzari felici”, “A me me piace ’o blues”, “A testa in giù”, “Canzone nova”. Il nero è il colore delle periferie di Napoli, troppo spesso scarsamente illuminate, non sempre curate con la stessa attenzione del centro città. Tante, troppe “zone buie”, intese anche, metaforicamente, come mancanza di reali opportunità. Nero, scuro è anche il colore della pelle di artisti come James Senese, Mario Musella con l’altro showman Franco Del Prete, grandi ispiratori già a metà anni ’60 del “nuovo suono” della musica di Napoli che insinuava il tanto apprezzato “Neapolitan Power”, ben continuato da Enzo Avitabile, Fausta Vetere & Nccp, Teresa De Sio, Gigi De Rienzo, Enzo Gragnaniello, Ernesto Vitolo, Agostino Marangolo, Almamegretta, 24 grana, Marco Zurzolo, Maurizio Capone, Sha One & La Famiglia. In oro, c’è la Napoli dorata dei classici napoletani, l’oro di Napoli. Nel mondo, quando si parla di musica italiana si parla di brani celebri come “’O sole mio” e “Torna a Surriento”. Non dimentico le canzoni dei miei primi ascolti da bambina che, con grande curiosità, si avvicinavano alla musica di Napoli con “Era de maggio”, “Scetate”, “Maruzzella”, “’O surdato ’nnammurato”, “Lazzarella”, “Malafemmena”, “Bammenella”, e scopre i grandi Sergio Bruni, Raffaele Viviani, Renato Carosone, Aurelio Fierro, Ria Rosa, Gilda Mignonette, Angela Luce, Mirna Doris, Gloria Christian, Maria Paris». 

“A testa in su”, invece? 

«È una raccolta di brani che non ho mai inciso in precedenti uscite discografiche. Sono sette realizzati nel 2015: “A testa in giù”, “Dolce Sweet M”, “Non si può leggere nel cuore”, “Voglio restare sola”, “Stammo buono”, “Mentecuore”, “Sempe tu”; ed ancora le bonus tracks di esperimenti, in chiave elettronica, realizzati nel 2001: “Lazzari felici”, “Canzone nova”, “Scalinatella” ». 

Da un incontro con l’autore Bruno Lanza è nata una canzone con un significato particolarmente importante, “Vicino a te”. Di cosa parla? 

«Bruno mi venne a trovare l’estate scorsa in uno dei miei concerti e cominciamo a parlare un po’ di sofferenze. Lui mi raccontò le sue, io le mie. Gli parlai dei miei figli, ne ho due, una di 16 anni e uno di 20. È una canzone che sottolinea soprattutto il rapporto tra madre e figlia e dà un messaggio d’amore ai giovani. Da questa canzone è venuto fuori un progetto per le scuole ideato e realizzato insieme al professore Geppino Radin, presidente della Federazione tennis da tavolo di Napoli». 

In cosa consiste? 

«Abbiamo programmato 5 incontri in altrettanti istituti. Ho voluto fortemente che andassimo nelle zone a rischio. Abbiamo cominciato con Afragola, abbiamo proseguito con Capodimonte, poi siamo andati a San Giovanni a Teduccio. Quindi ci sarà Casoria. Vado a cantare e attraverso la musica dò questo messaggio d’amore e poi distribuisco ai ragazzi il testo della canzone perché lo studino e riflettino sull’importanza di recuperare valori perduti o dimenticati». 

Qual è il suo prossimo progetto? 

«Un album con i miei inediti».