Ho visto una goccia uscire dalla roccia, un’altra la seguiva e la raggiungeva e poi dalle altre rocce milioni di nuove gocce rincorrersi nel vuoto scavare un solco unito”.

E nel solco scorre e vorticoso gira "Il Fiume” del napoletano Nijukun, bel singolo di cantautorato sospeso tra l’intimismo malinconico e il vigore emotivo.

Nijukun scrive canzoni da quando aveva 13 anni, ma fino ad oggi non aveva mai considerato seriamente l’idea di diffonderle - così si racconta Nijukun stesso - All’inizio del 2018, tuttavia, dopo circa trent’anni, ha percepito una nuova energia espressiva, cui ha fatto seguito una produzione nuova, necessariamente più matura, che lo ha finalmente spinto in maniera spontanea a curarne la realizzazione esecutiva e a favorirne la diffusione. Nijukun per vivere fa tutt’altro, motivo per cui in una prima fase ha preferito non ricollegare direttamente la sua musica al suo nome e alla sua immagine. Lo pseudonimo è un tributo ai NiJu Kun (20 precetti) del Maestro Funakoshi, fondatore dello stile di karate shotokan; si tratta di 20 regole spesso applicabili non solo al karate, ma ad ogni momento della vita: basti pensare che nel precetto n. 10 si legge “Applica il karate a tutte le cose; lì è la sua ineffabile bellezza”. Nijukun (che se non si fosse capito è un karateka) ha affidato l’arrangiamento e la produzione delle sue canzoni a Marcello Vitale, chitarrista e autore di lungo corso, già mente delle Viti di Titanio, parte sostanziale de L’Esistenza dei mostri e attualmente attivo con VictorZeta e i fiori blu e l’Orchestra Elettroacustica Officina Arti Soniche (OEOAS). L’incontro ha permesso alle nude canzoni, fatte di sola chitarra e voce, di prendere sfumature più complesse, con suoni di chitarre e synth ad enfatizzarne i messaggi iniziali, in un continuo scambio energetico e musicale tra i due. Proprio da questo scambio Nijukun trova la voglia di portare la propria musica al di fuori del proprio ristretto ambito relazionale. “Il Fiume” è il punto di partenza di questo progetto musicale, sia da un punto di vista cronologico che concettuale; l’immagine del fiume in piena è intuitivamente evocativa di un’esplosione espressiva, anche se nella sua violenza c’è tanto altro. È un pezzo incalzante, a tratti “vorticoso”, che si spera riesca a trascinare (e – perché no – a travolgere) chi lo ascolta. Il fiume ha rotto gli argini e il progetto musicale di Nijukun (che è appena agli inizi) è affidato alla sua corrente”.

Così, con la consapevolezza che “se provi ad arrestare il flusso ti succede poi che la corrente ti sorprende e rischi di annegare finché non lasci andare tutto quanto”, e che “il fiume non si ferma, il fiume non ha pace il fiume ti trascina … il fiume non dà tempo, il fiume non dà scampo … il fiume precipita violento …”, si apre la certezza che “la vita scorre ancora” con tutte le sue “anime sognanti” che per vivere devono solo lasciarsi trascinare dalla corrente del “fiume dei sogni”, del fiume che  “nasconde tutti i segni”, che “lava ogni ferita” e che “porta via il marcio e la follia”.

Marco Sica