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L’inverno più nero per De Mita&De Luca

Opinionista: 

Queste elezioni, oltre a passare alla storia per aver visto le clamorose avanzate di due vivaci formazioni politiche, cosiddette populiste perché, secondo gli intellettuali con la puzza sotto il naso, si interessano pittorescamente dei problemi della gente, hanno segnato un grande primato: il record di rottamazioni eccellenti. Nemmeno tangentopoli arrivò a tanto. Tralasciando il destino inesorabile di Renzi, che ha fatto di tutto per “autorottamarsi”, vanno registrati i ruzzoloni di D’Alema, Pinotti ministro della Difesa , Minniti ministro dell’Interno, di Bersani con le vacche pentastellate nel corridoio. Altrettanto degni di menzione i ripescaggi acrobatici, meglio dire salvataggi, grazie al meccanismo delle rinunce mirate di Grasso, leader, si fa per dire, di Liberi e Uguali e della Boldrini della stessa scuderia, rispettivamente presidente del Senato e presidente della Camera. Il caso, però, che merita un commento a parte è la “debacle” di Giuseppe De Mita in un collegio dell’Alta Irpinia, la cui sconfitta trascina definitivamente nella polvere anche lo zio Ciriaco: ultimo re della Prima Repubblica sfuggito a tutte le rottamazioni. A impressionarci molto in questa storia è la reazione di totale giubilo del social, significativo della ostilità, incontenibile e, ora vittoriosa su una saga di egemonia politica, intrisa di un primordiale clientelismo. Questo sistema ha irretito il territorio, compresso e mortificato ogni iniziativa da far venire in mente il clima denunciato, già due secoli fa, da Francesco De Sanctis nel suo memorabile “Viaggio elettorale”. Con le vagonate di soldi arrivati in Alta Irpinia, in gran parte mal spesi, per non dire altro, si sarebbero potute costruire tante Dubai: invece continuano a regnarvi spopolamento e sfiducia. Se De Mita piange, o meglio, è afflitto per il disfacimento del suo impero, costruito già dai tempi di De Gasperi, Pella e Fanfani e più longevo del regime castrista, certamente non ride il suo amico e alleato Vincenzo De Luca. Un inverno molto nero ha colpito entrambi. Quanto al governatore più che di rottamazione, è meglio parlare, di un malinconico tramonto. I filmati di Fanpage sugl’intrighi e le beghe dei rifiuti, visti anche su Marte e dai marziani, in cui si scorgono nitidamente alcuni operatori ecologici impegnati nella raccolta indifferenziata, confusi tra delfini, pupilli, lapilli e compagnia “contante”, hanno prodotto una reazione a catena di tale disgusto, tradottasi per il voto di domenica scorsa, in un repulisti generale, che ha travolto anche gli innocenti De Luca junior e l’Alfieri agropolitano della scacchiera deluchiana. Quello, per capirci, indicato nelle cronache politiche e culinarie come sovrano friggitore di pesce nelle sagre da Agropoli a Sapri. Con tutto quello che sta succedendo, il potere di De Luca, del big del nuovo regno di Napoli e del principato di Salerno, rischia di essere commissariato. C’è una rivoluzione strisciante nel nostro Paese, comunque la si giudichi, che non ammonisce soltanto ma colpisce con la denuncia. Bisogna stare solo attenti a non fare però martiri.